La mia Parigi

La mia Parigi è la gita scolastica di 5^, quella prima della maturità, il treno di notte e la chitarra di Mario. Io che preferisco i monumenti di giorno, mentre tutti gli altri le discoteche di sera, io che alla fine cedo e: la prima volta mi addormento su un divanetto, la seconda mettono i lenti e un francese – sa il diavolo pourquoi – sceglie me per un ballo, mentre le compagne sono tutte tirate in gonna e io con i pantaloni di velluto. (Magari era un feticista del velluto) e scatta il rosicamento collettivo. Il vento sul Trocaderò, l’Hotel a Pigalle  – sa il diavolo pourquoi – l’abbia scelto l’agenzia di viaggi. Il ritratto a Montmartre che ancora sta lì nel salotto dei miei e mia mamma dice che non mi somiglia affatto.

Parigi poi è un capodanno organizzato da mia sorella e un’amica che impazziscono a combinare aereo o treno + hotel e io con un colpo di fortuna ce la faccio: entro in un’agenzia solo per ripararmi dal freddo dopo aver perso il bus e soprattutto subito dopo che un cliente ha annullato il viaggio a Paris. Ma alla fine io non andrò perché ho in mano un preventivo per un lavoro dentistico molto impegnativo e poi non ho fatto manco quello.

Parigi è il cartello sull’autostrada di ritorno dalla Normandia, io e l’Orso inebriati di Francia indecisi fino all’ultimo secondo possibile se mettere la freccia, svoltare e uscire per trascorrere una mezza giornata nella capitale. Decidiamo di no: è il ponte del 14 luglio, chissà che macello, dove parcheggiamo? Come gestiamo le poche ore che in realtà abbiamo?

Parigi è che alla fine non ci sono più tornata. E l’ho messa in Figlia dei fiordi tanto per riviverla così:

E il desiderio di rivedere Parigi aumenta, si completa, lo confeziono aggiungendo nastri e fiocchi e alla fine, nel pacchetto “tout compris” infilo anche Cesare. Mangeremmo “moules et frites” in qualche bistrot dalla tovaglia a scacchi; lui forse direbbe che si tratta di un abbinamento insolito e di certo lo è, ma anche squisito e afrodisiaco. E allora mi chiudo in bagno, come una quindicenne, e gli scrivo:

          “… e se andassimo a Parigi?”

Questa mattina, come spesso si fa il sabato, abbiamo ascoltato le notizie, a letto con il caffè, (è sempre una gara tra chi si alzerà per prepararlo e portarlo all’altro). Gli aggiornamenti sugli attentati di Parigi ci hanno ammutoliti, poi mano nella mano abbiamo detto una preghiera per le vittime e i loro familiari. L’unica cosa che possiamo fare. Dopo gli attacchi al giornale satirico si era detto di non lasciare che la paura avesse la meglio nel quotidiano, io credo che ora sia molto più difficile non farsi sopraffare dal terrore. Si chiama terrorismo, perché genere terrore.

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6 pensieri su “La mia Parigi

  1. 😦 😦
    Ieri sera ero al gruppo di lettura quando sono iniziate ad arrivare le notizie e non ci volevo credere.
    Parigi è tra le città che meglio conosco, ci sono stata cinque volte ed è uno dei pochi posti in cui mi piacerebbe vivere. Vederla ferita mi fa malissimo.

    • Parigi, al di là dell’amore personale di chi l’ha visitata o ci ha vissuto, è davvero una città simbolica, più di ogni altra, anche per la rivoluzione, libertà, uguaglianza e fraternità si diceva e ora quegli ideali sembrano davvero utopistici.

    • Ogni settimana pensiamo a Parigi, veramente io continuo a dirmi, come ho scritto a Tenar, Parigi è nell’immaginario collettivo di tutti, anche di chi non l’hai mai vista.
      Sì, siamo tutti sconvolti.

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