Manca oltre un mese a Natale è una giornata uggiosa, grigia e bagnata. Cammino lungo il viale illuminato nel buio pomeriggio, troppo buio per l’ora in cui siamo, mentre penso che delle feste ormai vicine non m’importa granché. Regali da pensare, da fare, da comprare, da impacchettare, da infiocchettare, da portare, da ringraziare per quelli che riceverai, anche se magari ti faranno schifo, saranno riciclati … Per non parlare dei pranzi, delle cene, di tutto quello che si mangerà illudendosi di trovare i sapori di un tempo, quando non c’era l’assillo del colesterolo incombente e i piatti avevano un gusto ormai perduto. Ma soprattutto non vogliamo pensare a chi questo Natale non ci sarà, a chi non si siederà alla mia tavola, a chi non riceverà un regalo, ma solo una candela speciale ad illuminare la sua tomba nella notte in cui Dio è nato. Sono depressa: il rientro a casa dopo una giornata lavorativa già pesante e lo slalom tra l’umidità e i festoni dorati, mi getta nello sconforto più estremo.
È da parecchio che io e Rocco non ci capiamo, mi pare diventato un’altra persona, ma logicamente lui penserà altrettanto di me. “Ciao!” cerco di essere brillante e affettuosa, ma temo di non riuscirci.
“Uhm, sei arrivata? Era ora, manco lavorassi in Alaska … Ho fame, va be’ che da un po’ di tempo non si mangia altro che quattro salti in padella e in un secondo sono pronti”.
Per quella sera avevo programmato gli gnocchi al pesto, non quattro salti, il salto l’ho fatto io, nella rosticceria dove si trova il vero pesto ligure buonissimo, mentre gli gnocchi artigianali dal nostro panettiere sono già in frigorifero, ma tutta la voglia mi è passata all’istante, non appena ho sentito il suo tono polemico e astioso.
“Ho fatto tardi perché la metro si è fermata un quarto d’ora a Loreto, e ho scarpinato per prendere quel pesto che ti piace tanto” sbatto il barattolo sul tavolo con un tonfo tale che la casa potrebbe sgretolarsi “e ho fatto mezz’ora di straordinario, mica posso sempre rifiutarmi! E tu, invece, cosa hai fatto? Sei a casa da oltre un’ora, ma non vedo nulla sui fornelli, facile parlare mentre si è spaparanzati sul divano e sgranocchiare salatini, tanto ci sono IO che ti raccolgo le briciole …!”
All’improvviso mi manca la voce, sento che sto per scoppiare a piangere e questa soddisfazione non gliela voglio proprio dare. “Oh adesso fa quella che lavora solo lei!”
“Guarda, da un po’ di tempo con te non si può proprio ragionare, mi sembra di parlare con un Troll?” dico tra le lacrime.
“Cosa cavolo sarebbe un Troll? Va be’ non lo voglio sapere, sarà qualche animale che hai letto in Harry Potter, manco avessi due anni. E a desso cosa c’è da piangere …?”
Le lacrime mi hanno battuta sul tempo. Esco dalla cucina. Ma vorrei chiedergli dove stiamo andando. Dove sono finiti i ragazzi innamorati che credevano di costruire qualcosa insieme, e ora insieme sanno solo scannarsi? Come in una soap opera, butto qualche vestito in un borsone, non torno dai miei genitori per il semplice motivo che sono mancati sei mesi fa e la mia depressione nasce proprio da lì. Se ne sono andati troppo in fretta, insieme: un criminale non ha rispettato una precedenza e loro sono volati da San Pietro senza preavviso. Questo marito che ho di fronte non mi è stato di nessun conforto. Vado da Paola, lei mi capirà.
“Pare che Rocco se la passi maluccio, è disperato senza di te.” L’informazione mi viene data un mese più tardi, alla macchinetta del caffè, da una collega; un cugino di suo marito è fidanzato con una cognata di un fratello di un collega di Rocco [se avete perso il filo vi capisco benissimo]. Già, talmente disperato che non mi cerca, certo il dolore lo sta annientando, non ha la forza di reagire …! È il 19 dicembre, non so con chi festeggerò questo Natale, Paola va dai suoceri, è stata fin troppo gentile a ospitarmi per tutto questo tempo. Ma ora so dove trascorrerò almeno questa serata: a casa mia, sto ancora pagando il mutuo dopotutto. Sono sicura che Rocco non sia in casa. È alla cena di Natale aziendale, certo non mancherà di andare, adora queste serate goliardiche con i colleghi, a maggiore ragione quest’anno che non ci sono io ad attenderlo in ansia per il suo consueto ritardo, temendo che beva troppo, mangi troppo, corra troppo in auto.
Entro. La cucina ha un aspetto postbellico, nel bagno probabilmente si sono lavati un centinaio di zingari. Polvere dell’era paleolitica incombe sui mobili che avevo scelto con cura, rinunciando ad altri acquisti, vestiti, per esempio, perché io in quella casa ci credevo davvero. Guardo con affetto l’albero di Natale che avevo addobbato in anticipo, per scacciare la malinconia di quei giorni. Non oso varcare la soglia della camera da letto ma devo farlo. Il lettone di ottone è ingombro di vestiti, tutti dalla mia parte, altri giaciono per terra. Nel complesso è precisa all’immagine che mi ero già fatta nella mia mente. Torno in cucina, afferro il coltello elettrico e comincio a tagliare gli indumenti sparsi in giro. Poi mi lancio col pestacarne sui suoi CD preferiti, e, provando ancor più soddisfazione, sulla sua collezione di dischi in vinile, alcuni sono piuttosto rari, introvabili attualmente sul mercato. Attacco stereo e computer. A mano a mano che procedo nella mia azione distruttiva, mi vengono nuove idee devastanti su come fargli trovare la casa al suo rientro. Ma sto bene attenta a non toccare nulla di mio. Strappo le pagine dei pochi libri che gli interessano. Verso il contenuto delle bottiglie di vini pregiati nel water, senza tirare lo sciacquone: deve vedere dove è finito. Sono una furia, mi muovo instancabilmente come Attila. Tutto sommato quando me ne vado l’appartamento non è tanto cambiato, rispetto a quando ero arrivata. Almeno ai miei occhi i maggiori danni li aveva fatti lui, nel suo mese di vita randagia.
Poi entro nel box. La sua auto nuova è parcheggiata bella dritta, so dove ha messo le seconde chiavi. Non l’ho mai guidata, non mi lasciava, eravamo già in crisi quando l’ha comprata. Mi dirigo a manetta fuori città. Verso i boschi della mia infanzia, li voglio rivedere. Sono cento chilometri, ma li percorro in poco tempo. Aveva ragione Rocco, questa macchina è un portento. Il ponte vecchio è ghiacciato. Questo Natale lo trascorrerò, come al solito con mamma e papà.
😦 Ti piace come scrivo? Pensi che le mie trame siano originali e avvincenti? Se la risposta è sì ne sono felice, se invece è no, sto studiando per proporre testi migliori. Presto il risultato di questo impegno sarà in vendita a un prezzo molto basso. Il breve romanzo si intitola Villeggiatura per due, è una storia balneare, ma contiene anche un racconto natalizio e salvo imprevisti gravi uscirà entro la fine del 2015!
Bellissimo… Struggente e bellissimo! L’ho gustato proprio come come una tazza del mio amato tè verde, profumato e fumante. Mi piacciono tantissimo i tuoi racconti brevi!
Berty
Grazie Berty, allora sarò felice di pubblicarne ancora, ho sempre molti dubbi in tal senso. Sei davvero molto gentile, per il 2016 potrei pensare a una rubrica fissa. Un caro saluto a te!
Ma figurati! Sono un’accanita lettrice e sarebbe davvero bellissimo poter leggere altri tuoi racconti. Mi ripeto, ma sono delle brevi pause, il tempo di un caffè e un dolcetto, che rappresentano una piccola coccola per lo spirito e sappiamo bene tutti quanto servono durante la frenesia delle giornate lavorative! Sarebbe davvero un regalo una rubrica fissa di questo tipo! Grazie e un caro saluto.
Ma meraviglia!!!! Devo dire che mi hai stupito, tu di solito sei più buona 😀
e proprio per questo l’ho trovato bellissimo!
GRAZIEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
dai che manca poco (almeno lavorativamente, per me meno uno, grazie!)
La scrittura, lo dico sempre io, è sorpresa. Anche questo è vecchio, avrà 15 anni, in quell’epoca pensavo che la vena cattiva/splatter fosse la mia strada, poi mi sono buttata sull’ammmmore. Per te meno 1, per me no. Ma va bene uguale. Come va la lettura di ciò che sai? Guarda che mi devi aggiornare prima delle ferie natalizie!
Mancano poche pagine 😀
contavo domattina di riuscire a mandarti una mail “conclusiva”, ci spero proprio! Non posso mica lasciarti così, con il boccone a metà…. 😉
@ Appunto, Claudia.Ti aspetto 😀 😀
Si, mi piace come scrivi. Si, le tue trame sono originali, avvincenti, raccontate con una punta di perfida ironia. E si, adesso mi tocca aspettare il finale di questo racconto. Che sia lieto però?
Buone feste!
Le mie saranno miste-lavorative. Che non posso ancora affidarmi al pilota automatico della nave! Perciò bisogna tener d’occhio il mare. 😉
Buone feste a te Barbara! Grazie per i complimenti. Mi sa che il finale implicito è un bel volo dal ponte ghiacciato alla Thelma e Louise 😦 però tieni d’occhio il blog oltre al mare, non ci saranno solo sfaceli. Però gli auguri ufficiali arrivano il 24.