L’estate dei tappi a corona

Da bambina ero un trio. Io, la mia gemella e mio cugino che ha 2 anni e mezzo meno di noi. Sempre insieme, nel limite del possibile ovvio: noi abitavamo a Milano, lui in Valtellina.

Quanto bene vi siete voluti col Marco” era solita dire mia nonna, la sua casa era il palcoscenico di noi tre. Un mese e mezzo, talvolta pure due in estate, e poi Natale, Pasqua, scappatelle infra scuola. Con mio cugino ci scrivevamo persino delle lettere. Non ricordo litigate. Non ce ne sono state. Amici sì, ne avevamo, ma in fondo erano anelli nella nostra orbita.

Un’estate collezionammo tappi a corona. Quelli di metallo che chiudono le bottiglie di vetro. Li scambiavamo come si fa con le figurine, e li ammiravamo stesi in ordine sulla parte asfaltata del cortile.

Fortuna volle che fosse adiacente un bar, una vecchia osteria, molto frequentata ancora oggi (pure da me se capita), e lì di tappi se ne trovavano un sacco. Spesso schiacciati, va detto, dalle moto rombanti che sfrecciavano via dal locale. Oransoda e Lemonsoda l’accoppiata più ambita. Non so più chi di noi li trovò, tipo che era disposto a scambiarli per venti altri tappi, forse più. Allora qualcuno, per sminuirne il valore, disse: “Magari sono stati buttati via da un vecchio bavoso!” In effetti, raccattare tappi usati da altri sembrava una pratica piuttosto lurida, e allora basta, basta escursioni fuori dal bar, “si raccolgono solo i tappi delle bibite che beviamo noi!” Il crollo del collezionismo, perché ogni anno i nonni decidevano quale sarebbe stata la bevanda dell’estate e a maggio ne compravano non so quante casse, il che non consentiva grande varietà di tappi, capirete. Ci fu l’estate della gassosa, dell’aranciata amara (da lì credo sia nata la mia passione per l’aranciata amara appunto, detesto quella normale), del tamarindo. Prevalentemente marca Norda, perché almeno all’epoca era della zona e mio nonno era un tipo che badava all’economia locale. 

Così dopo qualche giorno era inevitabile tornare fuori dal bar, col naso per terra a cercare tappi. In fondo la bottiglia la stappi prima di bere, per cui la saliva sul tappo non c’è! No? Il fantasma del vecchio bavoso aleggiava sui tappi più belli, di qualche birra stravagante.

Per tutta l’estate.

Ecco, mi pare più sana la caccia ai tappi sul finire degli anni ‘70, piuttosto dell’attuale Pokemon Go.

Gli adulti che ci giocano mi sembrano cretini, ma i bambini mi sembrano tristi.

26 pensieri su “L’estate dei tappi a corona

  1. Ho collezionato conchiglie e sabbia (un po’ da ogni spiaggia in cui andavo) e nemmeno questa è una pratica molto corretta, anzi è irrispettosa dell’ambiente. Non per questo me ne pento o la rinnego, quando ne ho preso coscienza ho smesso. Ciò non toglie che ne ho bei ricordi nonostante poi a un certo punto non mi andava più e buttavo via tutto. Non gioco a Pokemon Go, non mi piace, non amo i Pokemon in generale (anche se Pikachu è molto kawaii). Gli appassionati invece, che siano adulti o meno, li capisco e non ci vedo alcun che di negativo. E’ solo una passione (probabilmente momentanea come tante altre) diversa dalle mie. In tutte le cose il troppo storpia ma non mi ritrovo nel vedere il negativo in questo tipo di attività, nel ritenere la tecnologia necessariamente come un isolarsi piuttosto che trovarsi. Fra l’altro, prima del Pokemon Go, c’era il gioco classico delle carte Pokemon, che richiede preparazione e conoscenza dato che ogni creatura ha caratteristiche e poteri particolari che in combinazione con altre creature può aumentare o unire per sconfiggere l’altro. Mi diverte ogni tanto dire che “ai miei tempi era diverso” ma è più a livello di parodia che di convinzione reale che quel periodo, quello in cui ero bambina io, è migliore di quello attuale. Di sicuro per me lo è perché allora la bambina ero io; lo stesso vale se ripenso comunque alla mia adolescenza rispetto agli adolescenti di oggi. E se uno a 30 o 40 anni (a che età si è adulti oggi?) si diverte con Pokemon Go non ci trovo nulla di strano, come se un adulto di 30 anni fa si divertiva a fare i gavettoni. L’unica differenza? Che i gavettoni su un must ever green ancora oggi e credo lo saranno sempre, il Pokemon Go, almeno a livello così intenso, ce lo stiamo già lasciando alle spalle con questa estate.

    • Il problema e la vera differenza col collezionismo – e le schede telefoniche, le ricordate? – di una volta è che i pokemon li hai sul telefono e c’è gente che si è schiantata per catturarli. La chiamano realtà aumentata. Per capire di cosa si parla, il mio collega me l’ha mostrato, devo riconoscere che il pokemon apparso sul mio calendarietto da tavolo pareva reale, ma non lo è. Mi sembra che in questo caso il virtuale sia un po’ andato oltre.

  2. Che il virtuale vada oltre io lo trovo positivo. Se chi usa il virtuale non lo fa in modo sensato la responsabilità è sua. La gente che si è schiantata per catturarli si sarebbe schiantata per qualcos’altro (perché impegnata a mandare un messaggio, perché ascoltava musica, perché passava col rosso tanto non c’è nessuno, per guardare un/a tipo/a). Non voglio citare casi di cronaca ma anche giocando a rincorrersi nelle campagne o a un sano nascondino succedono le tragedie. Anche a fare il bagno a mezzanotte o a passare la notte abbracciati in spiaggia. A volte sarebbe bastato un po’ d’attenzione in più, altre volte sono proprio fatalità e basta. Non me la sento comunque di dire che uno si è schiantato perché giocava a Pokemon Go, come non me la sento di dire che uno è stato investito da un treno perché aveva le cuffiette.

    Sì, le schede telefoniche me le ricordo!

  3. Anche qui ieri si parlava di quanto i giochi che si ricordano di più sono quelli coi rametti lanciati nel fiume per vedere chi arriva giù per primo.
    Se proprio si doveva stare in casa, si attaccavano le figurine!

    • o si disegnava, noi facevamo dei disegni tipo “tutti disegnano la stessa cosa” così era condivisione anche nell’individualismo. Nascondino invece non morirà mai, per fortuna!

  4. Sai ogni estate torno in montagna dove ho trascorso ogni estate da 42 anni. Da 10 ci porto anche i miei figli. I miei amici, veri e costanti, li ho conosciuti e mantenuti in quella cornice. Quante partite a pallavolo, gare a nascondino anche se eravamo grandi e poi camminate….
    I miei figli appartengono ad un altra generazione, quella del virtuale, dell’incontentabile e mi fanno smorfie ogni volta che rispondo no a qualche richiesta tipo mi scarichi il gioco dei pokemon? Anche quest’estate ovviamente la tappa è stata la montagna. E’ però stato un vero trionfo vedere orde di coetanei correre a perdifiato per gareggiare a qualunque gioco venisse loro in mente e finalmente dimenticare le diavolerie moderne come le chiama il nonno. Ci mancherebbe ogni epoca la sua … ma gli intramontabili tappi o conchiglie o gare a cielo aperto non hanno rivali. Concordo.

    • Anch’io ho la fortuna di tornare sempre nella stessa montagna, non potrei farne a meno e quando vedi bimbi e ragazzini in bicicletta a scorrazzare rivedo il mio trio. Certo, come dici tu occorre stare al passo coi tempi, mica per niente ho un blog :D, ma se ogni tanto si stacca dal video e si torna a spruzzarsi a una fontana ben venga! Un caro saluto, Nadia!

      • bello il poter tornare dove ti senti a casa e pare il tempo non sia trascorso. Però hai ragione è bello anche stare al passo con i tempi e con le dita sulla tastiera!

  5. Ho collezionato conchiglie e sassi (ancora oggi, quando la moto raggiunge alte vette dai colori particolari, un sasso mi scappa in tasca). Tappi quelli già in plastica per non ricordo quale associazione benefica. In adolescenza raccoglievo i pass delle discoteche (scambiandoli via lettera con altre “pen-pals”)…quando sono arrivata ad una scatola di 1500 pass mi son detta: e mo? Ma che me ne faccio?? Ed ho regalato tutto.
    Sulla tecnologia, è comunque bene saperla usare. Ma occorre anche imparare a spegnerla all’occorrenza. Alla guida per esempio. Anche se basterebbe inibire le connessioni entro l’abitacolo, solo attivi telefonia con vivavoce e navigatore. Il resto non serve.

    • Ahhah i pass per le discoteche, con gli orari restrittivi dei miei e i loro divieti (più che altro di mia madre) avrei avuto una collezione ben scarsa! 😀

  6. Bello Sandra, mi hai fatto venire in mente che avevo un vicino di casa mio coetaneo che collezionava tappi di birra. Erano tutti belli da vedere. E la stanza di una mia cara amica era piena di lattine vuote sistemate a colonna o a piramide. Anche quello uno spettacolo di colori.
    Io ero una collezionista incallita: gommine per cancellare, profumini (quelli nelle bottiglie piccole che vendeva la Standa), vetri levigati dal mare, ma quale Pokemon go! Certe volte penso che alla generazione di oggi manchi la poesia, perché incantarsi di fronte a una gommina profumata in una cartoleria non è come seguire un pupazzetto virtuale che ti ballonzola davanti dentro lo schermo di un telefonino.

  7. Ma no dài! Ogni generazione si diverte con ciò che gli viene messo a disposizione.
    Oggi nella sala d’aspetto del nostro medico, che poi è diventato un mezzo cortile all’aperto a causa della calura tipo serra tropicale della sala d’aspetto (nonostante disti dal mare solo una ventina di metri e sulla spiaggia fosse piacevolmente ventilato), Matte ha fatto amicizia con un bimbo più piccolo. Entrambi giocavano ma non a Pokemon go e chiacchieravano e chiacchieravano. Poi il piccino ha iniziato a catturare Pokemon e dovevi vedere l’impegno. Era troppo simpatico.Tutto nella giusta dimensione e con moderazione. Gli incidenti in auto causa Pokemon non li concepisco, ma neppure da parte di chi messaggia o parla mentre guida.
    Anche io collezionavo tappi ma soprattutto sassolini e vetrini 🙂

    • È indubbio che i tempi cambino e le mode cambino insieme ai tempi: vedi, dobbiamo essere tutte coetanee qui se amavamo raccogliere tappi, sassi e vetrini (pure tu, allora! Ma quelli tutti levigati nei bordi dalle forme più strane?)
      In effetti, i Pokemon virtuali non impegnano spazio e vuoi mettere, tutti quei barattoli di sassi o vetri, belli in fila, nella libreria? 🙂

  8. @ Io, Barbara e Marina siamo circa coetanee, per cui abbiamo un passato comune e oggi io, al contrario di Barbara e Marina, sono un po’ “fuori” dalla realtà perchè non ho figli e vivo tutto filtrandolo attraverso la mia infanzia, non la loro. I bimbi che vivo più da vicino sono i nipoti e mia sorella è molto rigida con la tecnologia, Nanni ha quasi 10 anni e non ha un telefonino e l’accesso a quelli genitoriali è molto limitato, poi magari se avessi figli vivrei con immensa nostalgia il mio irripetibile passato e concederei di più sempre per stare al passo coi tempi. Un aspetto che non mi piace dei Pokemon, oltre al fatto già detto che non esistono, è la moda mediatica che sa un po’ di imposizione sociale, se non lo fai sei out.
    E le gommine profumate? Ne avevo poche (causa pochi soldi) ma le adoravo e ne ho conservate alcune. Bacioni

    • Matteo i Pokemon non li ha, ma li conosce, e ha una miriade di altri giochi, tra i quali dominano quelli a tema calcistico. Per quanto riguarda il limitare l’uso di telefonini, tablet e PS e TV, ci si prova e durante l’anno scolastico funziona bene perché i tempi morti sono limitatissimi in quanto preferisce dedicare tempo allo sport… per fortuna. Ma l’estate ha tempi dilatati, lo sport è sospeso e anche al mare si è circondati da gente (adulti) con il telefono in mano. Qualcuno, ma di rado, legge un e-book o un libro. I suoi amici, sono tutti utenti di tecnologia: è una generazione che non ha scampo in questo senso. Il fatto che anche a scuola ci siano LIM (Lavagne interattive), PC, WIFI potenziati e Tablet in arrivo ne è la riprova. Non so dire se sia un bene o un male. Sono d’accordo con il fatto che ci voglia moderazione, come in tutte le cose.
      Le gommine profumate le adoravo e ne avevo, ricordo che la prima che ebbi era di Holly Hobbie 😉

  9. Io nella casa dei nonni, dove durante l’infanzia trascorrevo l’estate, ci sono venuta addirittura ad abitare, lasciando la città. La collezione di tappi ha fatto parte anche della mia giovinezza e ora ho contagiato i miei bambini che mi fanno impazzire, che quasi mi obbligano ad acquistare birre assurde perché quel tappo non ce l’hanno ancora.
    Sui pokemon go non mi sono ancora fatta un’idea precisa, ci sto pensando. Anche se, nel dubbio, evito che i miei figli ci giochino. Hanno tutto il tempo per i giochi virtuali. Preferisco che per ora si dedichino a quelli più reali.
    Da una parte credo che sia generazionale il fatto di preferire i nostri giochi più semplici e fatti di piccole cose, dall’altra credo anche che il rischio di “rimbambirsi” dietro a un tablet sia altissimo, almeno lo stesso che corriamo noi adulti se siamo schiavi della tecnologia. Ecco, forse sarebbe importante mantenere una misura e non subire i giochi, semmai sceglierli. Nel caso dei bambini, non solo doveroso, ma indispensabile il controllo e la guida da parte dei genitori.
    Inoltre, a mio parere, i bambini di oggi, molto più svegli di noi per ciò che riguarda la tecnologia. stanno perdendo capacità pratica e manuale. Avete notato che non ci sono quasi più scarpe con i lacci per i bambini? I bambini non imparano più a legarle e il mercato gli va dietro producendo scarpe con lo strappo.

    • L’altro giorno ho bevuto una “mandarinata” e aveva un tappo secondo me molto bello, così l’ho infilato in un cassetto anche se in realtà non li colleziono più, quando ci vedremo te lo do per i tuoi bimbi!
      Si, quello che indubbiamente stanno guadagnando nell’uso della tecnologia, lo stanno perdendo nella manualità. Sappiamo che la via di mezzo è sempre la migliore ma ahimè anche la più difficile da perseguire, ma vogliamo dire che la tecnologia è spesso una fantastica baby sitter?
      Ho sempre razionato le ore al pc con Natallia e Olga, ma alla fine con quest’ultima – ormai ero allo stremo delle forze visto il suo atteggiamento – la lasciavo a oltranza, che tanto ormai il rapporto era quello che era.

  10. mi hai fatto venire in mente le mie estati vicino a Zocca (MO), che bei ricordi!
    e il fatto che avevo tante amiche di penna, una cosa che adesso proprio non esiste più!
    ogni tanto per le lettere mi viene un po’ di nostalgia 🙂

    • Ecco sì, riaffiora un altro ricordo: io collezionavo anche carte da lettera, un esemplare di ogni confezione che usavo. Ne avevo di bellissime. Ma che fine hanno fatto?

      • La mia primissima carta da lettere: una Holly Hobbie con l’impermeabile.
        Oggi andiamo di remember, pure col nuovo post. Fermatemiiiiiii

  11. Anche io carta da lettere, ma a 11/12 anni 🙂

    Sandra ho scoperto che una nota marca di tè inglese che produce ormai anche il tè freddo appartiene alla NORDA 🙂
    Quando eravamo piccole il tè era solo caldo 🙂 ma ci pensate a come cambiano i consumi?

    • La nostra generazione ha visto sbalzi tecnologici pazzeschi, ho fatto in tempo a usare il telex! E lo yogurt? Quanti tipi ci sono oggi? Una volta un paio di frutti, quello bianco magro o intero, stop!

      • E’ vero! E infatti mangiavo lo yogurt ma non ne andavo pazza, perché i gusti erano proprio pochi. Ora invece non ne posso fare a meno, soprattutto quando fa caldo 🙂

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