Quando parlo (male) dell’editoria non mi sto (più) lamentando, sto semplicemente facendo delle considerazioni.
E’ come aprire la finestra, constatare che nevica, infilare gli scarponi e uscire.
Non faccio finta che ci sia il sole, né mi chiudo in casa e neppure inizio col tormentone lagnoso: mi attrezzo per la situazione.
C’è chi invece, a parer mio, ha la tapparella abbassata e si muove del tutto inconsapevole del meteo e del panorama innevato.
Piantiamola di dire che occorre perseguire la qualità e arriveremo in alto e pure lontano. Non è così, diciamo piuttosto che è tutto un pagare: corsi tenuti da case editrici che forse ti noteranno, editing, schede di valutazione del testo fatte da agenti che magari ti rappresenteranno, o, in alternativa, riuscire a beneficiare del colpo di fortuna arrivando all’agente che non si fa pagare per leggere il manoscritto (ne conosco solo uno serio), o ancora l’alternativa della sempre utile conoscenza, di letto o di parentela, oppure rimane quel farsi le ossa con i tanti editori piccoli e onesti sì, peccato che poi il tuo libro sia praticamente introvabile.
Oppure, ancora, non paghi nulla ma hai un contrato talmente ridicolo che va bene la gavetta ma qui si piange e si rasenta la truffa legalizzata.
E badate bene, non ho messo sul piatto le ore perse nelle attese, il logorio, la frustrazione di sentirsi presi in giro, queste cose non hanno prezzo, ma se lo avessero sarebbe altissimo e quindi moralmente sono un vero costo.
La qualità e il miglioramento continuo delle proprie opere vanno cercati per se stessi e per i propri lettori, non perché sarà la chiave che aprirà le porte giuste, forse una volta era così, oggi è tutto troppo pieno di storture. Io il mio vero salto l’ho già fatto.
Quando mi guardo in giro e soprattutto trovo notizie di prima mano, lo faccio per amore di informazione, mi sento una sorta di segugio del marcio che dilaga, curo la preda, la stano e la porto alla luce. Mi diverto a parlarne privatamente con alcuni di voi, non ci soffro, anzi tutt’altro, è un vero antistress. Se mi rimproverassero “oh, dai, dici così, ma vorrei vedere se ti contattasse l’editore a 5*****, se non firmeresti felice.” Risponderei “calma, vediamo il contratto, scopriamo a quali patti tocca scendere.” Non sto rosicando perché nevica e io non ho lo slittino, calpestare la neve fresca dove nessuno ha lasciato impronte mi appaga ugualmente, forse di più, è il costo dello slittino che mi pare improponibile.
Non vedo margine di miglioramento in questo pirotecnico porcaio (cit.) e non intendo più pagare neppure un euro per gli editing (cosa fatta su 4 romanzi in passato) anche considerato che abbiamo appena scucito 200 euro per la riparazione della lavastoviglie (si è rotto pure il frigo, in contemporanea, ma almeno quello è in garanzia!)
Sono fortunata ad aver imparato da voi (tu e gli altri blogger) cosa si nasconde in questo settore. Devo dire che c’è più omertà tra le case editrici che tra gli operatori finanziari, ed è tutto dire. Questi fatidici contratti, perché non se ne può avere un modello da consultare? Se vado al supermercato ho la lista degli ingredienti, al bar c’è il prezziario esposto per legge, i professionisti sono tenuti al rispetto dei prezzi massimi dell’albo a cui appartengono, e in ogni caso non c’è divieto alla pubblicazione di un preventivo, i contratti di affitto vengono registrati… com’è che per i contratti di pubblicazione c’è tutto questo mistero??
Comunque, se non l’hai letto, questo è un bel racconto su cui riflettere, triste ma ahimè vero: Il mondo ne è pieno di Marco Freccero e Morena Fanti https://morenafanti.wordpress.com/2018/01/06/il-mondo-ne-e-pieno-marco-freccero-e-morena-fanti/
Troppa omertà anche tra gli autori, io non per vantarmi 🙂 in privato ti faccio nomi e cognomi quando ho una fonte certa, non scardinerò il sistema, ma tento di aprire gli occhi agli altri e di tutelare me stessa. Certo, mettere il contratto nel sito di ogni editore eviterebbe inutili invii a chi poi eventualmente proporrebbe solo schifezze, invece lo si apprende solo quando finalmente si arriva alla fatidica firma. Grazie per il link, bacione.
@Barbara, il problema dell’esporre il contratto in pubblico significherebbe sbandierare clausole e clausolette inaccettabili. Io dovrei possedere o tre o quattro porzioni di contratto editoriale, anche di big editori. Foto del contratto postate su Facebook dai loro autori che nella gioia di condividere la firma, hanno reso pubbliche alcune clausole. E io, prontamente ho catturato l’immagine e fatto archivio. Ti posso confessare che di quei contratti, anche di top editori, non firmerei niente.
Nelle polemiche in cui sono stato coinvolto nel passato, in cui i seguaci del contrario al self mi davano addosso, non ho mai capito la loro cecità di fronte a un problema di fondo.
Cos’è l’editoria, cos’è un contratto editoriale.
Gli scrittori già pubblicati o che voglio pubblicare, spesso non sanno rispondere a queste due semplici domande. Credono che l’editoria sia il paradiso degli eletti, dove se la mano santa del direttore editoriale Dio ti indica sei stato selezionato per il paradiso.
Quando io accennavo ai contratti editoriali e perché di fronte a certi contratti era meglio il self, qualcuno in privato mi diceva: non parlare male degli editori, se un giorno volessero pubblicarti leggerebbero quel che hai detto. E io rispondevo: ma io queste cose le direi in faccia all’editore, semplicemente non firmo il contratto con determinate clausole. E poi, se conosci le attività imprenditoriali, sai che se sei un rivenditore d’auto, puoi parlare benissimo male delle aziende produttrici d’auto, ma se sei uno che le auto le vende, i produttori di auto preferiranno vendere che attaccarsi a questioni di principio.
Poi il punto è proprio quello che dice Sandra, l’omertà degli scrittori.
@Sandra @Marco, ovviamente anche se noi abbiamo foto, fonti, fotocopie, non possiamo esporle, il rischio di denuncia per diffamazione è alto. Basta leggere alcuni topic su Writer’s Dream per rendersi conto dei livelli di dialogo. Immagino che anche gli autori che hanno già firmato quei contratti non vogliano sottoporsi allo stesso rischio. Ma ribaltiamo la questione: se le case editrici tengono nascoste contratti e clausole, vorrà dire che in fondo se ne vergognano, o no?
Certo, infatti io le foto le ho in archivio, non le mostro. Però sono interessanti casi studio, perché già so cosa dovrò aspettarmi e potrò puntare il dito sul contratto editoriale e dire: questo no, questo neppure, questo nemmeno…
L’editore alzerà lo sguardo sconvolto e mi dirà: Ma allora cosa includiamo nel contratto?
E io: e niente, la pubblicazione semplice, che fa non le basta?
E lui: Ho la fila chilometrica di autori che firmerebbero ad occhi chiusi.
Ed io: E io sono un autore indipendente, non ho bisogno di te. 😛
Purtroppo le tue considerazioni sono la realtà. Purtroppo nessun editore rende pubblico il contratto, anzi, lo considera una scrittura privata tra lui e l’autore. Solo attraverso le indiscrezioni degli autori se ne viene a conoscenza. Se mai lo venisse a sapere l’editore sarebbero tirate d’orecchie e complicazioni.
Condizioni vantaggiose per chi scrive ce ne sono poche, infatti chi davvero fa il botto vende il proprio nome o marchio accettando pubblicità, creazione gadget, etc. L’editore grosso ormai è pari a un imprenditore e il piccolo fa fatica a emergere sul mercato. Anche l’editore non sconosciuto ormai chiede di collaborare alle spese piangendo le sue difficoltà.
Il problema di fondo è che chi scrive e cerca di pubblicare per la prima volta il contratto non lo sa leggere e pur di arrivare al fatidico momento è disposto a cedere, ma solo dopo si rende conto. Solo dopo parla di contratto con attenzione, quando ormai è troppo tardi.
Oggi come oggi, cara Nadia, ci sono consulenti persino gratis in rete vedi il sito Scrittori in causa di cui io mi sono avvalsa a suo tempo, che leggono il contratto e possono dire se firmarlo oppure no. Poi chiaramente anche a fronte di un buon contratto se a un certo punto l’editore non ti paga diventa comunque difficile ottenere il dovuto. Poi le sfaccettature sono tante, vedi discorso di ieri, può essere anche poco onesto mettere le spese di spedizione altissime per cui l’acquisto del libro diventa un salasso, mentre la raccomandata piego di libri costa 4.63 c’è chi ci fa la cresta, qui siamo all’assurdo: lucrare sulle spese di spedizione! Ma sta cosa nel contratto non ci finirà mai, ovviamente.
No, esatto. Nel contratto l’editore troverà sempre il modo di tutelare se stesso. Purtroppo solo dopo una prima esperienza si matura la capacità critica di una adeguata lettura.
Ehm, 4,63 euro è tariffa pieghi di libri raccomandato per privati. Case editrici e librerie autorizzate hanno tariffe agevolate, a partire da 0,99 per invio. Senza contare che ad alti volumi, puoi concordare tariffe agevolate anche con i corrieri. Quindi, la cresta del gallo è più alta. 😉
@ Barbara, Marco grazie per il confronto sempre bello, anche se mi spiace che si riduca sempre a parlarne tra noi 4, che siamo amici e ci parliamo già in privato. Stavo proprio pensandoci prima, sotto la doccia, “ma chi diavolo me lo fa fare di espormi, di scrivere sti post, quando mediamente ho più seguito se scrivo quattro robe su me e l’Orso?” Il mio è un buon contratto, ma sono relegata a una realtà digitale che ovviamente ha i suoi limiti.
Ne parlerete sempre voi 4 ma c’è sempre qualcuno che ascolta e origlia. Sempre. Io, ad esempio! 😀 😀 😀
E aggiungo: non ho nulla da dire semplicemente perché non ho ancora fatto esperienza diretta con un editore. Ma questo non significa che non sia interessato all’argomento. 😛
Tu origli, ma io passavo di lì per caso! 😉
Però hai ragione. Prima o poi lo devo scrivere quell’articolo… “Quanto guadagna un autore”. Lo dovevo scrivere per le ferie natalizie, ferie che non ho avuto… (un Gomblotto di sicuro!)
Io origlio sempre di proposito, mai per caso! 😀
Scrivilo quell’articolo, così capisco se è meglio sperare di vivere di scrittura o investire in bitcoin… 😛
@ Barbara, ecco, l’orrore sale con la cresta.
@ Darius, mi fa molto piacere che tu sia all’ascolto, saremo sempre qui quando ti imbatterai in un editore e noi ti auguriamo che sia quello giusto che ci farà ricredere su quanto abbiamo detto fino a oggi! Grazie!
Ti ringrazio di cuore per l’augurio ma se devo essere sincerissimamente sincero, grazie ai vostri preziosissimi consigli (che continuo a leggere da mesi), non sono tanto convinto del mondo dell’editoria.
Non sono tanto convinto nemmeno del mondo self perché nasconde altre insidie (che mi lasciano tuttora perplesso), ma almeno lì ci sono altri meccanismi che sono in piena evoluzione e chissà. Inoltre sei totalmente libero e indipendente.
Editori big, purtroppo, non pervenuti, se non per qualche sparuto racconto. Però spezzo una lancia a favore dei contratti. Quelli che ho firmato io erano chiari e sono stati rispettati. Per il primo romanzo ho avuto un anticipo e poi il pagamento dei diritti si è fatto un po’ attendere, ma è arrivato. Nel secondo c’era una clausola che non mi piaceva, ne abbiamo parlato e l’ho fatta togliere. Contratti pagati nel mese stabilito. Attualmente il romanzo non è in ristampa perché c’è un’opzione di acquisto, nel caso ci sarà un pagamento una tantum, metà a me, metà all’editore (una tantum perché l’opzione è di una rivista), conosco già la cifra, bisogna vedere se l’interesse verrà confermato (niente Caraibi con la cifra in questione, ma magari una settimana al mare ci esce, diciamo a Porto Cervo). Antologia con diritti in pagamento, arrivata una rata. Racconti in digitale con diritti pochini, perché basso è il prezzo di copertina, ma comunque pagati regolarmente.
Cara Tenar, un paio di dettagli te li dirò privatamente, aspetta che ti arrivi il mio whatsApp, 😀 per il resto tu navighi di sicuro nel buon mare di chi ha pubblicazioni più che dignitose, ma non con nomi così noti e distribuiti.
Sono stata interrotta, prima.
In ogni caso quello che volevo dire è che i miei non sono contratti da sogno, mi ci pago qualche pizza o poco più, ma li ho sempre negoziati e sono stati rispettati. Per tutto il resto c’è l’avvocato. Però, ecco, magari a sentirlo prima di firma, l’avvocato, piuttosto che dopo. Si arriva più preparati e si soffre meno dopo. L’editoria è oggettivamente un brutto mondo, quindi bisogna muoversi con gli occhi ben aperti, ma si può evitare quanto meno di firmare dei contratti truffa.
“La qualità e il miglioramento continuo delle proprie opere vanno cercati per se stessi e per i propri lettori, non perché sarà la chiave che aprirà le porte giuste, forse una volta era così, oggi è tutto troppo pieno di storture. Io il mio vero salto l’ho già fatto”Cara Sandra, in questa frase c’è la motivazione per cui ognuno di noi deve scrivere. E’ molto importante che si scriva su questi temi perché l’omertà degli autori è esattamente l’humus su cui si solidifica quel mercato editoriale che oggi è largamente rappresentato da tipografi e imprenditori a rischio zero. Così, son capaci tutti. Gli autori sono l’ultima ruta del carro. Nell’ottobre del 2016 scrissi un articolo – proposta per un Salone per gli Autori, ebbe qualche seguito ma non produsse nulla. E sai perché? Gli autori “Fighi” che avevo cercato di coinvolgere, i nomi importanti che conosco, non si sono azzardati. Tengono famiglia o buoni contratti (buoni?) con case editrici importanti… Ma bisognerà pur dire che l’editoria è un progetto imprenditoriale che deve garantire il rispetto per chi produce e un modo serio di lavorare. I tipografi li sappiamo fare tutti, basta affidarsi a una copisteria….
Per chi fosse curioso di conoscere la mia proposta il mio articolo si trova qui: http://www.elenaferro.it/un-salone-per-gli-autori/
Io non insulto nessuno dico quello che vedo, difficile che faccia nomi se non in privato, sono sempre stata battagliera. Figurati che ogni tanto viene qui il mio editore e poi mi “cazzia” bonariamente via mail perché magari parlo di dati di vendita, altro grande tabù! Ma così non si va avanti, continuiamo a nuotare in circolo in uno stagno!
Contratti editoriali? Credo di averne esaminati un paio. Non sono un legale ma sarebbero da denuncia.
Il problema dei costi non sono indifferenti e alla fine uno ci rinuncia, anche perché spesso, direi troppo spesso sono solo corretteri di bozze.
Ecco, hai visto cose che, be’ non andrebbero firmate, punto. Grazie per essere qui.
infatti non li ho firmati e ho deciso per il selfpublishing.
Io vedo più che altro segni di peggioramento da un po’ a questa parte. Da poco sono venuta a sapere che un editore che stimo propone editing a pagamento e un altro piuttosto noto che paga le royalties dopo un tot di copie vendute. Mi pare che ormai di editori completamente free e seri ce ne siano rimasti pochini. Sull’omertà di cui parla Barbara molto avrei da dire, soprattutto considerando le aperte minacce di querela che mi hanno fatto in passato sul fare nomi in pubblico o anche semplici allusioni… Che mondo marcio. Lamentarsi forse non serve ma almeno bisogna mettere in guardia gli autori novelli, questo sì.
Certo, poi uno sfodera la carta querela, e ciao alla discussione. Sì, sta diventando di moda pagare le royalties solo dopo un tot di copie, non mi pare una bella cosa.
@ Tenar, io infatti cerco di far aprire gli occhi agli altri e tenere ben aperti i miei, dopo un paio di cantonate, poi mi si dà della frustrata rompicoglioni 😀
Chi viaggia con il lanternino spesso fa una luce troppo forte per chi è abituato a muoversi nell’oscurità… Avanti così, Sandra , altro che rompi coglioni
Sta cosa dei contratti svilenti, delle royalties non pagate e dei “compromessi” (diciamo così, anche se ho il dubbio che tu abbia notizie anche peggiori) mi preoccupa e frena parecchio.
Secondo me dipende dal fatto che fare arte (quindi non solo scrivere, ma anche dipingere, scolpire e così via) non sono più considerati come dei mestieri veri e propri, ma come hobby, come sogni nel cassetto che uno cerca di tirar fuori più per soddisfazione personale che non per avere qualcosa di solido tra le mani.
Se poi aggiungiamo che la situazione lavorativa in Italia fa pena anche per i mestieri che sono considerati tali…
Secondo me non è questione di editore big o editore medio, è questione di essere limpidi in quello che si fa, si da parte dell’editore che da parte dell’autore.
PS il mio post non ha capo né coda ed è scritto in un italiano pessimo. Credo che mi toccherà andare a prendere il terzo caffè della giornata 😀
Io ho compreso benissimo il tuo pensiero, e lo condivido. Risparmia il caffè che fa male !:)))
@ Eleonora grazie, ma se ti sei bevuta il terzo caffè va bene uguale. C’è, convengo con te, un generale “evabbe’” perché tanto non si vive di scrittura per cui eventuali guadagni sarebbero un di più, non funziona così, non può essere questo il meccanismo. Un percorso dignitoso è sempre perseguibile, ma non è facile sbrogliarsi.
Un occhio spassionato sulla realtà circostante è necessario, se non si vuole rincorrere chimere, e per la via perdere anche la voglia di scrivere. Per quanto mi riguarda, non avrei niente contro qualche compromesso (non sconvolgente) per pubblicare con un editore importante, ma mi rendo anche conto che ogni singolo lettore che dedica qualche ora del suo tempo a una mia storia è un bel regalo, alla faccia dei grandi numeri.
Ogni lettore è un piccolo miracolo perché nell’oceano di pubblicazioni ha scelto di dare fiducia al nostro testo!
Cara Sandra ho letto solo ora il post, ero impegnata con una novità che mi riguarda e di cui parlerò presto nel blog. Certo lo scenario non è positivo, anch’io talvolta ho sottolineato che c’è molto marcio nel mondo editoriale. Spero però di ricredermi, ti dirò presto. A proposito, sto leggendo Le Affinità affettive… una vera chicca, complimenti!
Parto dal fondo “vera chicca” è un’affermazione che mi lusinga tantissimo, grazie di cuore. Posso immaginare di cosa ci parlerai presto, ne sono contente e aspetto ma, non farci aspettare troppo. Un caro saluto.
Curiosità a mille