Esperimenti di scrittura: Calzettoni di lana

E così manca un soffio al giro di boa di gennaio. Mamma mia! Tra impicci, incastri e imprevisti il 2018 ha già mostrato il suo carattere, ma cuore e spirito si sono presi a braccetto e hanno festeggiato in molti casi, mantenendo alta la bandiera dell’equilibrio.

La mia proposta di oggi ha diversi scopi. Ho preso un breve brano a caso dal mio romanzo Non è possibile, quello di cui parliamo nella rubrica Genesi e l’ho ampliato. Un obiettivo era mostrare a Nadia la scrittura in seconda persona, per differenziare le voci narranti, (ne abbiamo parlato via whatsApp) non l’ho inventata certo io, ma è piuttosto insolita, un ottimo uso lo fa Fabio Genovesi. Un altro era rimpossessarsi del piacere della scrittura senza fini di pubblicazione: immergersi nella storia e lasciare che l’immaginazione si facesse strada, dimenticandosi del circondario. Un terzo era raccontare del “matto simpatico” (qui rielaborato) che ho incontrato ieri in metropolitana quando riportavo a casa i nipoti (sono stati da noi tutto il giorno). Infine volevo cercare semplicemente di scrivere bene, con scelte lessicali efficaci, evitando i luoghi comuni, non so se ci sono riuscita. Buona lettura.

Calzettoni di lana

Li vedi arrivare sotto due ombrelli più grandi di loro, con gli stivaletti di gomma, lei violetti di Frozen e lui verdi a forma di rana, in un giorno già buio troppo presto un po’ per la pioggia, un po’ perché a gennaio le ore rincorrono la luce in perenne debito. Sono buffi con questi orpelli bambineschi che a guardarli a mente lucida rendono tutti i bimbi del mondo come personaggi di un luna park. Perché in fondo la vita è ancora un grande parco dei divertimenti per loro, si esaltano per sciocchezze come “citofono io!”, fanno feste incredibili per il pollo arrosto con le patatine e la pizza salvo poi inscenare tragedie altrettanto grandi per cose di poco conto.

“Fate i bravi e obbedite a papà!” Li apostrofa uno sconosciuto dall’aria sbilenca, come se la vita non avesse mantenuto nulla delle sue promesse. Cammina a pochi metri da voi con un cappuccio tirato sulla testa, a completamento di una mantella nera che ripara dagli scrosci ma lo rende simile a un personaggio grottesco uscito da una racconto dell’orrore.

Tu ti giri e il tuo sguardo è uno schermo protettivo sui tuoi figli: nessuno potrà mai far loro del male, neppure gli uomini con i cappucci, forse innocui ma tocca stare all’erta. Nessuno, perché daresti la vita per loro, e ti sforzi di non pensare a quando non ci sarai e la protezione verrà meno.

“Mi raccomando, Johnny, altrimenti ti porto…” L’uomo continua, ma probabilmente ha solo voglia di chiacchierare, Giovanni si gira senza dire nulla, Martina conferma il suo ruolo di signorinella e non perde di vista la strada davanti a sé.

“Lo porta dove sappiamo noi, eh!” Gli dici ridendo. La risata grassa del’uomo assomiglia a una cascata di pigne lanciata su un manto di foglie croccanti. Rassicurante.

“Ciao Johnny!” Saluta e se ne va, svoltando nella prima via a destra, mentre voi proseguite per il parcheggio.

“Ciao, ciao!” Dite tutti e tre, anche Martina, con la voce talmente bassa che sembra parli con il suo giaccone.

L’abitacolo asciutto vi abbraccia. Accendi il riscaldamento, il vetro si appanna e mentre organizzi gli ombrelli in un angolo, prima che bagnino ovunque, Giovanni dice che il signore era matto, ma un matto simpatico.

Tu gli rispondi che sì, era simpatico e che in fondo ha pure indovinato il tuo nome, che Johnny è la traduzione di Giovannino.

“Non ci avevo pensato.” Risponde tuo figlio pensieroso, mentre estrae i Rollinz dalla cartella e li sparge in giro. Avvii la macchina verso casa, il tergicristallo disegna archi acquosi e la tua testa è già oltre: il pomeriggio, la riunione aziendale, quel pacco da ritirare in posta, a che ora chiuderà lo sportello? Martina dice di avere fame, Darth Vader rotola giù e l’operazione di soccorso probabilmente farà ritrovare altri reperti, ere geologiche di giochi dimenticati.

Quando arrivate ti butti a capofitto sotto i sedili, perché Darth Vader va proprio ritrovato, mentre dici ai bimbi di salire in casa, che tanto quel cavolo di portone rimane sempre aperto per la negligenza dei condomini. Il pupazzetto di Star Wars è nelle tue mani assieme a un bottone, una scarpetta della Barbie e una moneta da venti centesimi.

Finalmente sei nell’androne, pozze di pioggia formano laghetti sulla passatoia, hai come l’impressione che neppure i piedi siano davvero all’asciutto e non vedi l’ora di toglierti scarpe e calze e abbandonarti almeno durante il pranzo alla lana ristoratrice di quei calzettoni lavorati agli aghi che sanno d’infanzia, li hai ricevuti da tua madre per Natale, cosa che avviene da almeno trent’anni.

Entri.

“Johnny, ho trovato Darth Vader!” Dici a tuo figlio, mentre ti muovi in equilibrio sulle punte per non lasciare troppe impronte sul pavimento. Dal profumo che giunge dalla cucina immagini ci siano gli hamburger e speri che tua moglie conceda di mangiarli nel panino con una fettina di cheddar e qualche salsa.

“Facciamo Mc Donald a casa!” Comunica Martina: è il suo modo di dire che sarà proprio come avevi sperato. Ti rilassi. Scopri che in effetti dagli scarponcini passa l’acqua e toccherà comprarne un paio nuovo e pensare a un’alternativa per quando uscirai.

Sibilla arriva trafelata attraversando il corridoio come se fosse a una parata militare, dà un bacio in testa a Giovanni, che si scansa, e a Martina, che chiede il bis, poi si siede a tavola dichiarando di avere poco tempo e s’informa sulle verifiche a scuola. E’ tutta per i figli. Giovannino attacca a raccontare del tipo col cappuccio. Tu cospargi la carne di maionese e crei un grattacielo di ingredienti, già sai che masticherai troppo in fretta, abbonderai col piccante e dovrai prendere una anti acido. Nella vita ci sono errori inevitabili.

Tua moglie lavora da casa e calcola i tempi da dedicare alla famiglia con la precisione che le ha consentito di fare carriera nonostante in ufficio la vedano una mattina ogni due settimane: è vietato entrare nel suo studio a meno che stia andando a fuoco il palazzo; ogni ora mette la testa fuori e chiede se sia tutto a posto con i compiti e il resto. Giovanni e Martina hanno affinato la tecnica di litigare in silenzio, capace che in cameretta sia in atto una guerra all’ultimo peluche e Sibilla continui la conference call con l’Uganda, ignara degli incidenti diplomatici che dovrà affrontare a cena, quando il coprifuoco sarà finito e verrà travolta dagli eventi.

Tutto sommato vi mantenete in equilibrio e i bambini stanno crescendo bene: educati e responsabili. Noi ti chiedi mai sei i tuoi sogni di ragazzo si siano allontanati da te o se siano ancora ben presenti e almeno in parte realizzati. Hai imparato da tempo che piedi asciutti, pancia piena e risate di bambini sono sufficienti.

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15 pensieri su “Esperimenti di scrittura: Calzettoni di lana

  1. Dalla tua premessa mi sono immaginata una lei che va a prendere i bimbi (ecco perché non avevo capito il “obbedite a papà” 😛 ), finché non torna a casa e allora capisco che mi sono fatta abbindolare dalla premessa! Ma potrebbe anche essere il mio neurone in post pranzo domenicale… Interessante esperimento perché in seconda persona non ricordo di aver letto nulla.

    • Considera, cara Barbara, che il romanzo ha una struttura tipo Ragione e pentimento, però la voce narrante di lui Lorenzo in prima persona non reggeva, non si differenziava a sufficienza da quella di lei (che nel romanzo non è la moglie bensì un’altra donna) per cui CBM ha suggerito questo cambio a romanzo finito. Morale trasforma tutto da prima persona a seconda, quindi anche il MIO che diventa TUO e via dicendo. Un lavoraccio che però ha giovato al testo. Buon post pranzo, io cotechino e lenticchie, ora potrei svenire pesino in piedi.

  2. Che onore grazie per aver mostrato in anteprima questo inedito. E grazie per l’esempio più che chiaro della scrittura in seconda persona. Per nulla facile immagino in fase di stesura, e molto originale in quella di lettura. Credo aggiunga curiosità e fascino e anche io ammetto di non ricordare di aver mai letto libri scritti anche solo in parte così.
    Comunque tornando al pezzo ha aperto uno spaccato davvero interessante deluso nuovo lavoro. Non vedo l’ora di leggerlo per intero da pubblicato.

    • Su Non è possibile non ho tempistiche, ma spero che la situazione si sblocchi a breve. Sulla seconda persona come dicevo l’ho apprezzata molto in Chi manda le onde di Fabio Genovesi, l’altro giorno ne abbiamo accennato io e te e considerato che nella scrittura la cosa migliore è portare esempi concreti piuttosto che tanti bla bla bla, eccolo!

      • Eh sì, leggere esempi chiari è ben diverso che parlarne solo. Ma visto che ti sei cimentata nell’impresa è stato complicato e macchinoso o come tutte le fasi di scrittura mano a mano veniva naturale?

      • Il primo romanzo di Carofiglio che ho letto “Il bordo vertiginoso delle cose” è scritto in seconda persona, bellissimo. Me lo hai fatto ricordare…

  3. Bell’esempio di uso della seconda persona. A me piace molto questo modo abbastanza insolito di raccontare. Mi sono comprata un libro sull’uso della seconda e mi piacerebbe provare a usarla. L’unico dubbio, in un romanzo alla lunga non stancherà?

    • Un intero romanzo diventa difficile, come dicevo più su Newwhite bear, del resto non ho mai letto alcun romanzo gestito completamente così. PS.Aspetto le tue novità!

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