Jonathan Coe è da sempre uno dei miei autori vivi preferiti. La pubblicazione di un suo nuovo romanzo è una festa e ho apprezzato molto anche quelli che la critica ha giudicato meno riusciti. La mia devozione si incarna alla perfezione nei suoi primi romanzi: La banda dei brocchi e il seguito Circolo chiuso che rimangono ben saldi in cima alle mie letture memorabili, romanzi per me anche molto formativi, al punto che, è storia nota, ho insistito per il viaggio di nozze in Scandinavia per poter visitare Skagen nel nord della Danimarca, dove ha luogo una parte fondamentale ne La banda dei brocchi, ripresa poi nel secondo capitolo della saga dei Trotter. Quel tratto di costa dove si incontrano i due mari l’ho anche scelto anni dopo per ambientare l’incontro tra Anna ed Erik nel mio Figlia dei fiordi. Immaginate con quale gioia potente ho appreso ai primi di novembre che dopo svariati anni (diciamo pure decenni) i Trotter sarebbero tornati! Jonathan Coe ha infatti scelto di affidare la narrazione della Gran Bretagna dal 2010 al 2018 a Benjamin Trotter, che, tra l’altro, tra i vari membri della famiglia e i suoi amici storici del liceo elitario di Birmingham che diedero il via alle vicende, è sempre stato il mio preferito.
Ho pensato di rimandare la lettura alle vacanze di Natale e ho quindi concluso l’anno con Middle England di Jonathan Coe ediz. Feltrinelli traduzione Mariagiulia Castagnone. Ritrovare Benjamin dopo tanto tempo è stato catartico e meraviglioso, l’ho conosciuto ragazzo, l’ho visto crescere, diventare adulto e ora dopo questa lunga pausa è un uomo maturo. La differenza di età tra me e lui è la stessa che c’è tra me e Jonathan Coe. Ho amato questo romanzo come si ama un inaspettato ritorno a casa, il viaggio perfetto dell’eroe che ha perso la strada e riguardando la sua vita prova a dirsi che non è finita, che non è vero che il meglio se l’è lasciato ormai lasciato alle spalle.
Jonathan Coe è uno scrittore capace, intelligente, dotato di humor che non dimentica mai il suo sguardo attento sul sociale e in questo caso ci parla di un Regno Unito sconvolto dalla Brexit, argomento a me molto caro, poiché da 30 anni lavoro in dogana e i confini della UE sono il mio pane quotidiano. Ho avuto la conferma che l’uscita dalla UE non è stato il fulcro della questione, ma piuttosto non voler lasciare che altri stranieri arrivassero in Inghilterra. La credenza espressa nel romanzo che la Turchia sarà il prossimo paese ad entrare nell’Unione con l’implicazione di migliaia di musulmani pronti a riversarsi nel Regno Unito fa da traino a scontri personali durissimi, forse un po’ romanzati, ma assolutamente verosimili in un paese che ha votato senza una vera cognizione della faccenda. L’entrata nella UE della Turchia non solo non è imminente, ma seriamente improbabile, e il sottofondo razzista che la cosa comporta è triste e pericoloso. Mio marito è nato a Istanbul e ahimè qualche idiozia a riguardo mi è toccata sentirla 😦
Saper creare mondi è alla base di qualsiasi scrittore, riuscire a non farli dimenticare, a mantenerli vivi al punto da potersi permettere di riproporre i protagonisti dopo qualcosa come 17 anni è grandioso. In Middle England incontriamo ovviamente nuovi personaggi, in un continuo balletto rituale tra l’attuale e il passato, con incastri e ricordi magistralmente diretti da Coe. Un buon romanzo, e questo di sicuro lo è, sa proporre diversi piani di lettura: i genitori che invecchiano, l’affermazione personale che si scontra con la scarsa meritocrazia in diversi campi, la precarietà economica, la disillusione di sogni coltivati troppo a lungo che si rivelano boomerang. In più Benjamin, ormai in pensione, tira finalmente fuori dal cassetto quel romanzo che ha impiegato 20 anni a scrivere. Come andrà a finire? Direi che questa domanda già invoglia la lettura, in aggiunta abbiamo uno spaccato del mondo editoriale con le sue bassezze che fa davvero sorridere, è, in realtà, un riso amaro, ma chi ci è in qualche modo dentro, ne conosce gli spigoli con cui si è scontrato più volte.
Sopra a una narrazione perfetta l’amore, questa volta tondo senza angoli acuti, tra Benjamin e la sorella maggiore Lois. Un rapporto di complicità e tenerezza che costituisce una base solida su cui dipanare gli eventi dove ritroviamo anche Doug, Philip, Sophie. Di Lois ho parlato nel mio racconto Carlotta incluso nell’antologia Buck e il terremoto.
Questo romanzo è quindi imperdibile per chi come me ha amato i precedenti, ma può offrire una opportunità che vengano tardivamente scoperti ora anche da chi li ha trascurati all’epoca, per un salto negli anni 70 (e 80). A cui proposito vi lascio questa frase estremamente evocativa per chi è stato bambino in quegli anni:
“Tante cose che ci sembravano normali negli anni settanta oggi sarebbero considerate maltrattamenti.”
E ancora ho trovato così lucidamente vera questa affermazione sul periodo che il mondo sta attraversando, dalla crisi economica, dalla quale si stenta a venire fuori, all’ondata di razzismo nella quale inciampiamo ogni giorno:
“(…) il mondo è pieno di gente arrabbiata. (…) alla gente piace arrabbiarsi e la maggior parte delle volte qualsiasi scusa è buona. (…) molte persone non hanno molto dalla vita. Emotivamente, dico.(…) E non si può vivere senza emozioni, vero? Anche la rabbia è meglio di niente. Comunque ti dà una scossa.”
Jonathan Coe è spesso spietato, per poi sorprenderci con pagine di grande compassione per il genere umano e un’insita speranza globale, per un futuro migliore ancora possibile.
WOW! Mi hai fatto venire voglia di leggerlo. Il problema è che i primi due, che ho letto un po’ di anni fa, non me li ricordo più, solo a tratti. Quindi dovrei rileggere quelli prima. Ma è normale, ‘sta cosa di scordarsi i libri??
Tranquilla, anch’io i precedenti li ricordo a tratti, e questo non è stato un problema proprio per niente. Un po’ le cose tornano a galla leggendo, un po’ comunque rimane un romanzo a sé. Sai che lo sapevo che ti avrei avuta dalla mia? Perché tu sei sempre molto sensibile alla questione immigrazione, accoglienza e quindi sicuramente è il romanzo per te. Purtroppo temo sia normale sta cosa di scordarsi i libri, come molto altro, il cervello alla fine è un contenitore, non è che si possa continuare a inserire informazioni 😀
Volevo farti la stessa domanda di Francesca, anche io li ho un po’ dimenticati quei due libri (ricordo molto meglio la casa del sonno e la famiglia winshaw che pure mi erano piaciuti meno, chissà mai perché!), e questo mi ha frenato dal prendere Middle England, ma direi che posso andare tranquilla, vista la tua risposta!
Sì, infatti vai tranquilla. Anche a me i 2 romanzi che citi mi sono piaciuti meno sebbene siano davvero considerati capolavori, comunque belli. Ritrovare i Trotter e i suoi amici guarda è stato proprio come ritrovare dei vecchi amici mai del tutto dimenticati. Buona lettura.
Molto interessante, grazie. Io non ho letto i precedenti, credi che se leggessi questo potrei gustarmi lo stesso la storia?
Col poco tempo che mi ritrovo, ormai seguo soltanto letture utili per la scrittura. E avendo per protagonista un inglese, questo romanzo potrebbe aiutarmi a focalizzarlo meglio nel suo background. Me lo consigli?
Credo, carissimo Marco, che ti godresti la storia ma perderesti qualcosa. Rileggi, se vuoi, il mio racconto per Buck e il terremoto, già lì cito un fatto di enorme portata che accade ne La banda dei brocchi, che ti fa capire l’intensità del romanzo e la bravura di Coe. Ma se invece ti va di leggerlo per approfondire il discorso English man direi che sì, può aiutarti perché è davvero un romanzo molto inglese.
Autore che non ho mai letto e che si unisce alla lista di cui che devo assolutamente inserire vista la tua esauriente presentazione. Uh ma quante vite devo vivere per leggere tutto quello che mi manca?
Non sono d’accordo con Coe su quella frase, che rivedrei così: “Tante cose che ci sembravano normali negli anni settanta ERANO maltrattamenti.” Certo molto dipende dal contesto dove è stata inserita. Di solito quando sento qualcosa di simile, è associato alle giovani generazioni senza spina dorsale, ai bambini capricciosi senza controllo con dei genitori totalmente inermi. Mentre all’epoca nostra erano scapaccioni da pronto soccorso, ciabatte che volavano a tutte le ore (altro che droni a Natale!), ricatti continui invece di apprezzamenti. La rabbia accumulata da quei bambini è quella che adesso sfocia in adulti ferocemente arrabbiati o ferocemente depressi. (e non lo dico io, non è materia mia, ma me ne hanno riportati talmente tanti dati ed evidenze che mi tocca essere d’accordo).
…e mettiamo anche questo in lista. 4 gennaio e già tre libri (nuovi) in lista!! 😀
Oltre che per i bambini, io quella frase la inquadro più in generale.
Penso ai maltrattamenti nei confronti degli animali. O all’ambiente, quindi maltrattamenti verso la natura. I primi movimenti ambientalisti nascono proprio negli anni ’70.
Prima di allora compiere test atomico su di un atollo nel Pacifico sembrava normale, tanto non c’è nessuno, oggi grazie a quei movimenti e alla sensibilità moderna, un test atomico su di un atollo lo reputeremmo giustamente un crimine contro la terra.
Ma penso che il passo si possa riferire anche per la discriminazione femminile. Non dico le pubblicità degli anni ’50, in cui le donne venivano rappresentate come serve del marito, ma ancora negli anni ’70 (e non ci siamo ancora arrivati oggi, per certi tipi di uomini mostro), venivano reputati normali atteggiamenti nei confronti delle donne, che agli occhi di oggi, sono più che maltrattamenti.
L’altro giorno per il nuovo romanzo ho scritto un dialogo sui maltrattamenti subiti dalla donna in ogni luogo e tempo della storia, che da maschietto, mi sono proprio mortificato.
Vediamo se Sandra chiarisce a cosa si riferiva Coe. Nel frattempo, a me il libro arriva lunedì. 😛
Io il libro ce l’ho già nel kobo… 😛
Vedi, che brutta roba lo shopping online!!
@Barbara, Marco (felice che tu abbia preso il libro) è una questione complessa e spinosa su cui potremmo parlare per giorni. La frase la pronuncia Benjamin ricordando un episodio chiave ne La banda dei brocchi quando lui, ragazzino, andò in piscina come di consueto dove c’era la regola che chi avesse dimenticato il costume sarebbe stato costretto a nuotare nudo. E lui quel giorno se lo scordò… terrorizzato all’idea di dover andare in piscina senza nulla addosso iniziò a pregare che accadesse qualcosa, e trovò un costume abbandonato nello spogliatoio, da lì cominciò a credere in Dio.
Si, in effetti ne potremmo parlare per anni… Ho appena letto degli indiani d’america che pregavano e ringraziavano l’anima dell’animale ucciso per sfamarsi, che la sua morte consentiva la loro vita. E del resto ricordo da bimba che si ringraziava per il maiale grasso macellato, forse pure con la benedizione del prete. Ancora ho appena letto che nelle tribù indiane le donne sceglievano il compagno e il primo dei due che si stufava, pace, ognuno per la sua strada, pur rimanendo all’interno della tribù. Mi pare fossero i Mohawk, o i Tuscarora. Però sappiamo bene cosa fece la Santa Inquisizione a cinque milioni di donne additate come streghe. Quindi va a culture e periodi, non credo che possiamo definirci una generazione davvero emancipata nemmeno ora.
Questa cosa del costume era proprio un maltrattamento! Per insegnare l’ordine e la disciplina, ci si espone al pubblico ludibrio e imbarazzo? No, salto la piscina 😀
@ Nadia, perdona il ritardo nel risponderti. Io adoro Coe ma i libri da leggere sono troppi e non so credo che toccherà limitare qualcosa d’altro, forse i social?
Ciao Sandra, innanzitutto buon anno, che sia un 2019 strepitoso! Per quanto riguarda Coe, mi manca e ne faccio ammenda, spero di rimediare al più presto. Anche la mia lista è lunghissima, devo mettermi in pari ancora con le amiche Maria Teresa e Giulia Mancini. Il bello dei libri è che non scadono e si possono sempre leggere, anche a distanza di tempo;)
Buon anno, Rosalia! E be’ strepitoso sarebbe quasi troppo 😀 Grazie.
Esatto i libri non scadono, solo che poi ne escono altri e diventa una rincorsa.