La ragazza che ascoltava De André
Quando Fabrizio De André morì avevo sedici anni ed ero nel pieno di questo trambusto emotivo che papà mi propinava e di cui Gisella non sapeva nulla. Un giorno freddo di gennaio, l’ultimo anno del millennio, stavo studiando per una verifica di francese, quando il telefono di casa squillò.
«Faber è morto!» (…)
Papà si ritrovò a dover elaborare il lutto perché per lui il grande Faber era uno di famiglia. Lo celebravamo con le nostre sbevazzate e io rincasavo sempre un po’ brilla, ma mai distrutta sul serio, dai weekend o le serate da papà e quei momenti rimangono il nostro patrimonio, il nostro recinto tra noi e il mondo là fuori, quando diventa ostile e soltanto una canzone di De André è davvero in grado di consolarci.
Bellissima grafica, non vedo l’ora di ricevere il cartaceo! Magari per allora mi ingegno con un mojito casalingo 😉
Sì, la grafica è molto brava. Che palle che il cartaceo ci metta tanto.
❤
Ciao Barbara, magari finita la scuola troverai un attimo per leggerlo tra gli ulivi!