Il mio incontro con Jonathan Coe

Le cose con Jonathan Coe sono andate che all’inizio manco volevo sfogliare il programma on line di Bookcity: troppo casino, ma poi boh mi è capitato sotto gli occhi l’incontro domenicale, nel pomeriggio, al Castello e aveva l’aria di essere fattibile, oltre che molto ghiotto, considerato che Coe è il mio scrittore preferito tra i vivi.

L’iper connessione con la mia anima arriva da lontano, dal primo romanzo che ho letto, quella Banda dei brocchi che presi in biblioteca molti anni fa, una di quelle storie destinate a fissarsi nella testa, al punto di aver proposto all’Orso il viaggio di nozze in Danimarca per andare a Skagen, dove si svolge una delle scene clou del romanzo. L’intimo trasporto si era giusto rinnovato qualche giorno prima, in occasione dei preparativi per la psicoterapia EMDR quando ho dovuto creare il “luogo sicuro” cioè un posto reale o immaginario dove tornare con la mente nei momenti di ansia, e io avevo scelto una spiaggia non ben identificata, con diversi elementi che non sto a citare, mentre leggo un libro di Coe. Ancora non sapevo che Bournville sarebbe uscito di lì a poco. Caso vuole che il giorno della presentazione a Bookcity, si festeggiasse il compleanno di mia suocera la cui organizzazione andava per le lunghe, e qui ho avuto una grande prova di cosa l’inconscio possa fare: dopo aver scelto due ristoranti da sottoporre a marito e cognato, di getto ne tiro fuori un altro, così dal nulla, ops da lì si va a piedi al Castello in dieci minuti.

I tempi tecnici ci sono tutti e persino il sole, strano, di solito per Bookcity piove.

Terminato il pranzo mi dirigo quindi al Castello con un’ora e mezzo di anticipo, in coda trovo soltanto una persona, e ho la matematica certezza che riuscirò ad accedere all’evento. Dopo un’ora e i piedi congelati, siamo all’ombra, distribuiscono i numeri, e quando finalmente entriamo raggiungo la terza fila, ovvero la prima senza posti riservati alla stampa e all’editore; ma poi ci fanno avanzare in seconda. Tra noi fan chiacchieriamo e ci godiamo l’attesa che è vigilia bella. Coe finalmente appare, è un signorotto inglese che verrà intervistato da Sio, un fumettista agitatissimo poiché anche per lui Coe è il suo autore preferito. E tutto comincia. Coe parla di questo suo ultimo romanzo che è la saga di una famiglia inglese lungo sette eventi cardine per la storia del Regno Unito. Come spesso accade nelle sue storie troviamo questo intreccio magistrale tra pubblico e privato, e, in particolare lo sdegno per decisioni scellerate come la Brexit, e la gestione della pandemia, lo struggimento per la morte di Lady D. e una famiglia coi sui conflitti e le sue piccole rivoluzioni, intorno alla figura di Mary bambina, fino alla sua morte. E su tutto una fabbrica di cioccolato, polo lavorativo locale, per cui Coe ci rivela che adora i Ferrero Rocher e il pubblico insorge tentando di suggerire cioccolati migliori. Dio, come vorrei avere qualcosa in borsa da dargli.

Dopo un’ora ci si mette in coda per farsi autografare le copie, io ho già comprato la mia qualche giorno prima. Quando è il mio turno, gli dico in un impeto di felicità immensa cercando di riassumere decenni di emozioni, in un inglese comprensibile, quanto lo adoro, di aver scelto la Danimarca per la mia Honeymoon per andare a Skagen. E lui mi chiede se Skagen mi sia piaciuta. Io sto parlando con Jonathan Coe di Skagen. Sono in orbita.

Lascio il Castello che è già uno spettacolo di suo nelle luci della sera (dovrei andarci più spesso a quell’ora) ma in quel momento è ancora più magico e ho bisogno di decomprimere e allo stesso tempo desidero tenermi stretta l’euforia di quell’incontro così atteso.

Sono incredibilmente felice. Erano anni che volevo conoscerlo e ho sempre mancato agli incontri milanesi per un motivo o per l’altro. C’’è qualcosa di estremamente potente nella sua scrittura, che per me è stata formazione, capacità di darmi strumenti nuovi per capire il mondo, ma anche intrattenimento fluido.

Questo è uno dei motivi per cui amo vivere a Milano, offre opportunità senza eguali di coltivare le proprie passioni e circondarsi di bellezza.

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12 pensieri su “Il mio incontro con Jonathan Coe

    • Credo che leggere “La banda dei brocchi” e il seguito “Circolo chiuso” uno di fila all’altro (io ho dovuto aspettare che uscisse “Circolo chiuso” anni dopo ovviamente) possa essere un’esperienza fantastica. Anche se adesso avrai aspettative molto alte il che è anche un male.

  1. Bel colpo, incontrare il tuo autore preferito! In una situazione analoga, non credo che avrei il coraggio di farmi avanti… o forse sì? Da un lato regredirei alla timidezza dei miei dieci anni, dall’altro non mi piace molto l’idea di chiedere l’autografo, ma credo sia solo un modo un po’ distorto di vedere la cosa. In ogni caso, felice per te. Al momento, se dovessi incontrare il mio autore preferito, dovrei andare nell’aldilà o richiamarlo… aldiqua. 😉

  2. Ho letto Bournville a novembre, purtoppo in ebook.
    Mi aveva colpito, fra i suoi libri precedenti, Middle England.
    Coe scrive – molto bene – un po’ sempre lo stesso romanzo, la cui protagonista indiscussa è l’Inghilterra, la mentalità ( passata e presente) il modo di vivere e di pensare degli inglesi. Mentre leggevo…mi veniva voglia di farmi un tè!
    Comunque hai ragione, è davvero emozionante incontrare uno scrittore che si ammira e che ci ha fatto tanta compagnia con i suoi libri.Se poi, come in questo caso, si scopre una persona alla mano e simpatica è davvero il massimo!

    • Non sono d’accordo, cara Brunella, che scriva sempre lo stesso romanzo, quello è Cognetti 🙂 mentre Middle England era piaciuto parecchio anche a me, proprio oggi ho riletto qui nel blog la relativa recensione che me lo ha ricordato con piacere.

  3. “…strano, di solito per Bookcity piove.”
    Ma io ho le foto di un Bookcity con te con il sole!! 🙂

    Oh caspita, ma hai visto pure Sio!!! Eh sì, qui a casa lo conosciamo, lo seguo su Facebook dagli esordi, abbiamo purtroppo perso il suo firmacopie al Salone del libro a Torino, poco prima che poi ci incontrassimo con te quella volta. Pensa i casi della vita!!
    Come fumettista, Sio è un po’ particolare, la sua è una comicità irriverente, gioca sull’ovvio e sulle banalità. A volte non sempre lo capisco, rompe proprio gli schemi, eppure fa ridere. Aveva iniziato credo oramai 10 anni fa con i video/fumetti dove traduceva e cantava in italiano le canzoni in classifica, ma usando Google Translate, quindi senza significato, strampalatissime.
    Ecco un esempio: https://www.youtube.com/watch?v=yHZtKQ5TOI8

    Torniamo a Coe. Io ho audioletto “La banda dei brocchi” e “Circolo chiuso”, mi è piaciuto più il primo. Sicuramente mi sono persa qualcosa non avendo il cartaceo sottomano. Il lettore dell’audiolibro era anche bravo, l’attore Jesus Emiliano Coltorti, ma vedere scritti certi passaggi dà più forza al testo, secondo me.
    Poi ho audioletto “I terribili segreti di Maxwell Sim” ambientato in Scozia, magnifico, “Lo specchio dei desideri”, romanzo breve per ragazzi, e “La famiglia Winshaw”, che dev’essere bello corposo, erano tante ore di ascolto. Ma proprio in quest’ultimo si vede un intreccio incredibile: è sempre una saga famigliare, lungo addirittura tre generazioni, e tanti altri personaggi che le ruotano intorno, e alcuni elementi impiegati in economia e politica, così che alla fine c’è sempre uno sguardo acutissimo nelle vicende storiche dei nostri tempi. Qui le ho comprese di più, perché era l’epoca delle mie superiori. Però il finale non mi è piaciuto, senza speranza. Io sono sempre per i lieto fine.
    Avevo cominciato “L’amore non guasta” ma è passato troppo tempo e ho perso l’abitudine degli audiolibri intanto. Vedremo quest’anno.

    • Eh ce l’ho pure io la foto col sole, che scema! Eppure tante altre volte è piovuto parecchio. Dunque, Sio sai che mi ricordavo sta cosa di Andrea? E’ sicuramente un ragazzo molto capace e simpatico anche se i suoi lavori non incontrano molto il mio gusto (grazie per il link, ideona davvero quella delle traduzioni letterali).
      La produzione di Coe non mi delude mai, ogni romanzo poi può declinarsi meglio a ciò che uno cerca, il più venduto e amato in Italia rimane La casa del sonno, davvero particolare e non tra i miei preferiti ad esempio. La famiglia Winshaw è un buon romanzo corposo ma anche quello non è tra i miei top. Per altro molti dettagli li ho dimenticati.

  4. Eccomi! Ho finalmente avuto tempo di leggere il tuo post per bene, ho visto che me l’avevi ricordato. Mi ero salvata la mail per non dimenticarmi.
    Coe è stato il mio mito per anni, non so proprio cosa gli direi dal vivo. Non riuscirei a spiccicare parola. Ho scaricato l’estratto dell’ultimo libro però è lì che aspetta il suo momento insieme a cinquecento altri romanzi che vorrei leggere. Mi sembra di vivere sul tagadà Sandra, non ci si ferma mai (perché se mi fermo temo una gran caduta!)
    Un abbraccio

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