Come comunicare

Sono giorni che cerco di mettere insieme un post sulla comunicazione e stasera mi è capitato un fatto che, diamine, è la perfetta rappresentazione di come non si dovrebbe comunicare.

Si è presentata alla porta una vicina con la quale ho un cordiale rapporto, senza che né io né lei siamo mai entrati nell’appartamento altrui, mi chiede il numero di telefono dell’Orso, disgraziatamente consigliere del condominio perché non lo vuole fare nessun altro, per mandarmi una foto del solito scempio del locale spazzatura. Parliamo un po’ della faccenda, le do il mio numero e poco dopo mi ritrovo con una foto e diversi messaggi scritti a riassunto di quanto c’eravamo dette. Infine un vocale, eh cavoli, penso, hai il mio numero da dieci minuti i vocali proprio no. Lo ascolto e non è per me, bensì per un’altra vicina sua amica, le racconta di essere stata da me e conclude con  “speriamo facciano qualcosa!”

Rispondo, per iscritto, che mi è spiaciuto sentire che spera faremo qualcosa, visto il da fare che si dà mio marito, e che ci stavamo già organizzando per sollecitare l’amministratore. Morale, mi fa un altro vocale per dirmi che “speriamo ecc.” era rivolto all’amministratore, non a noi, quasi offesa per il mio fraintendimento.

Ecco, io credo che un problema enorme di questo tempo bislacco sia l’incapacità di comunicare in maniera perlomeno efficace. Sul lavoro è un continuo, mail lunghissime dove si perde il focus, laddove spesso a mie domande specifiche basterebbe sì o no come risposta. In politica una serie di inciampi grotteschi dove si confonde l’umiltà con l’umiliazione. Nelle relazioni la frequente mancanza di attitudine nell’esternare con chiarezza i propri bisogni senza lagne. Nel mio privato ho vissuto con un padre taciturno, la cui riservatezza è stata un limite enorme nel nostro rapporto.

Gli ostacoli tra noi e le persone con cui entriamo in contatto per svariati motivi ogni giorno sono le parole non dette, quelle sbagliate per le quali ci si perde senza porre rimedio in tempo.

Sui social poi è un disastro; sto leggendo un libro che mi sta dando una serie di cazzotti sul tema, al punto che questa sera uscita dal lavoro ho deciso di non rincasare subito e deviare verso p.za Tommaseo, luogo iconico milanese ogni primavera per la fioritura delle magnolie super fotografate. Ho ammirato il giardino ma niente scatti, a parte che non sono così brava, ma soprattutto ho pensato di evitare di fare una story su Instagram, dove a questo punto mi chiedo cosa desidero sul serio comunicare.

Qui nel blog credo sia diverso, e questo post nasce proprio da un fatto molto particolare avvenuto al Bookpride. Mi sono avvicinata allo stand di Sur, una casa editrice che in pochi anni ha saputo imporsi sul mercato con un catalogo davvero interessante e di pregio. Non volevo comprare nulla e sono rimasta qualche minuto indecisa se dire alle giovani donne dietro al banco che due loro libri sono stati tra le mie letture preferite degli ultimi anni, mi riferisco a Capannone otto e Acqua di mare. Mi sembrava un po’ brutto fare i complimenti senza che seguisse un acquisto, ma poi ho scelto di dirlo e col mio piglio entusiasta, ma anche in quel frangente un po’ titubante, ho detto semplicemente “volevo dirvi che avete pubblicato due romanzi che ho amato tantissimo”. La ragazza carina-carina mi ha guardata e mi ha detto:

“Ma sei Sandra?”

Lì ho fatto una scenetta da cretina tipo “oh, sono famosa!” Ma vi garantisco che ero davvero incredula.

Insomma era una mia lettrice quasi sempre silente, e le rare volte che esce allo scoperto lo fa con commenti lunghi e stupendi, con la quale evidentemente in qualche modo si è creata una connessione davvero speciale se mi ha riconosciuta.

Superato lo shock, abbiamo parlato di Acqua di mare, e io non vedo l’ora di rivederla a Torino per scegliere insieme a lei qualche libro da portarmi a casa.

Quello che mi rimane di questo incontro, oltre allo stupore e alla gratitudine, è l’idea di avere negli anni comunicato bene attraverso questo blog, di essere riuscita a portare davvero me stessa qui e quindi lì da voi. Me stessa e i libri fondamentalmente (e i tubi, ovvio).

Negli ultimi tempi comunicare i libri è diventato un massacro. Trovo che i book influencer facciano spesso un pessimo lavoro, fagocitato dalla voglia di conquistarsi i volumi omaggio degli editori, simbolo distintivo di un valore il più delle volte inesistente. Sdilinquimenti per l’unboxing, leggere venti libri in un mese, svenire per il pre order di titoli che nel giro di una settimana saranno già finiti nell’oblio sono tutte cose che non mi appartengono ma che evidentemente su Instagram piacciono.

E niente adesso saluto Eleonora e tutti voi, mi fiondo sul divano, ma prima vi lascio il link per p.za Tommaseo clicca per le magnolie. Non sono una meraviglia?

21 pensieri su “Come comunicare

  1. Davvero bellissime, le magnolie! Comunicare, e farlo bene, è un gran casino. Sto facendo esercizi dal vivo. Non basta rispettare, non basta amare… a volte sembra che niente basti! Quindi approfondire l’argomento, anche leggendo qualcosa in materia, è quanto mai opportuno. Poi, se qualcuno mi riconosce a sorpresa per il blog, o perché scrivo, ci resto secca, quindi meglio di no!

    • P.za Tommaseo è già splendida di suo con quei palazzi, in primavera diventa proprio uno spettacolo. Molto giusto ciò che dici sul non bastare, serve un linguaggio condiviso e non sempre lo si trova. In effetti ho rischiato di rimanerci secca, ma poi mi sono ripresa! 🙂

  2. Ci sono miliardi di corsi di comunicazione, e anche chi ne tiene la cattedra a volte inciampa clamorosamente in una parola storta. La comunicazione peggiore viaggia sui social, perché le persone ci si sono fiondate senza un minimo di preparazione.
    Il caso della tua vicina è emblematico e torniamo sull’errato uso dei vocali. Vari psicologi li sconsigliano, sono una forma di comunicazione errata dove il destinatario è costretto a spendere molto più tempo per avere l’informazione corretta, infarcita di blablabla inutile. C’era addirittura un test fatto all’estero dove risultava che, riascoltando il messaggio vocale appena prodotto, l’80% decideva di non inviarlo più. Se scrivi un testo, ce l’hai davanti agli occhi, non sbagli (e non sbagli chat dove scriverlo), se mandi un vocale, non “misuri” correttamente le parole, non hai modo di verificare se, disposte giù in quel modo, possono risultate ambigue o offensive.

    Sul lavoro, generalmente il problema è un altro: la responsabilità. Quando ci girano intorno, mentre basterebbe solo un “si” o un “no”, stanno evitando la responsabilità della risposta, in attesa che se la prenda qualcun altro (tipico per altro degli Italiani…)

    Sui social, in tema di libri, sto osservando un paio di profili che crescono in follower a velocità allucinante (forse qualche numerello è acquistato con account fasulli a pagamento, tenendosi però bassi, perché se se ne accorge la piattaforma, ti declassa). Persone che hanno abbandonato il blogging a tema librario, dove avevano poco pubblico, per buttarsi sulla comunicazione fatta di post interattivi, interviste incrociate, post carosello, anteprime live, dove sembrano avere un alto numero di lettori (anche a fronte di un lavoro a tempo pieno, sia detto), ma con 3000 follower siamo ad “appena” una cinquantina di recensioni sull’ultimo romanzo pubblicato in self, la maggior parte “recensioni di scambio”.
    Per conto mio, il blog resta ancora il miglior mezzo per comunicare su lettura e libri. Il blog richiede tempo e passione, esattamente come la lettura. Il blog è scritto e si legge, poche immagini, esattamente come un buon libro. Ma tant’è. Continuano a rincorrere la Ferragni…

    • I vocali solo se c’è confidenza, brevi e io ho adottato che prima del vocale mando un messaggio scritto che funge tipo da “oggetto” in modo che si sappia prima qual è l’argomento, ma in generale sto cercando di limitarli al massimo, l’ideale sarebbe eliminarli.
      Sui social libreschi o meglio instagram guarda non produce chissà quali vendite, e molte operazioni tipo cover reveal mi sembrano ridicole, marketing di basso livello. E hai colto il centro della questione: tutte ambiscono a diventare la Ferragni senza averne le competenze e l’originalità.
      Sul lavoro infine c’è una reale tendenza a quello che è stato definito lavoro difensivo, cercare soluzioni per pararsi il chiul invece di lavorare bene e le mail fumose sono un ottimo strumento in tal senso.
      Ma che tristezza tutto.

  3. Le magnolie sono bellissime. Adoro vederle in ogni dove. Io penso che il problema non sia tanto il comunicare bene le cose, ma il recepire delle persone, quello che sentono, quanto ci ascoltino veramente, ma soprattutto ciò che capiscono, che molte volte non corrisponde a ciò che abbiamo detto. Se una persona è prevenuta nei nostri confronti, secondo me, non ascolta ciò che diciamo.

  4. Sì, capita abbastanza regolarmente il classico “non ho detto questo”, l’altro giorno in ufficio e può scattare quasi una lotta verbale, dipende dalle persone, su cosa si sia detto/capito. L’altro giorno in ufficio alla fine sono rimasta senza sapere quale fosse il significato reale di quella mail. Mi sono arresa a una comunicazione pessima, se poi interviene il pregiudizio è davvero difficile.
    Godiamoci queste magnolie che pure io apprezzo ovunque.

  5. Ciao Sandra,

    vorrei lasciare qui una mia riflessione, visto che ho trovato la discussione interessante. Dal mio punto di vista credo che alla base ci sia la mancanza di una volontá reale nel comunicare, nel capirsi. E ovviamente spicca il grande assente: l’ascolto. Date queste premesse, credo che l’incomprensione sia inevitabile: che si tratti di post, chat, vocali, segnali di fumo o piccioni viaggiatori.

    • Ciao Nika, grazie per esserti soffermata e per l’apprezzamento.
      Dunque sì, parlo della mia esperienza personale, in alcune situazioni soprattutto lavorative, il livello di “scazzo” era ormai talmente alto che la mia volontà era in caduta libera e da lì incomprensione da ambo le parti a manetta. In amicizia uhm è capitato, mi sentivo offesa e anche lì la volontà di attivare una comunicazione costruttiva era ridotta. Nelle relazioni a cui tengo davvero tanto no, lì ascolto tanto, cerco di comunicare bene e in caso rimediare e salvo i rapporti sempre.

      • Ciao Sandra,

        ero via e non avevo letto la tua risposta. In realtá non mi riferivo a te accennando alla mancanza di ascolto, ma a quello che é un po’ il male diffuso della nostra epoca (o forse c’é sempre stato, non saprei).
        Mi dispiace tu possa avere frainteso…soprattutto considerando che ti seguo da anni ormai e mi fa sempre molto piacere leggere i tuoi post.

        Una buona giornata luminosa,
        Nika

  6. I vocali sono un male: per chi li fa sono sempre troppo brevi e per chi li riceve sono sempre troppo lunghi. Ma il vero problema non è il vocale, ma la mente che c’è dietro che non saprebbe nemmeno scrivere un biglietto d’auguri!
    PS: la mia vocale preferita è la A 😛

  7. Discussione super interessante. A lavoro da noi diciamo di non andare oltre le tre righe di mail sennò nessuno legge. Mi ritrovo nei tuoi dubbi sui social, eppure non riesco a decidermi ad allontanarmi, a volte scopro delle cose molto interessanti, per esempio il festival Testo non lo avrei scoperto senza Instagram e mi sarei persa una mattinata bellissima. Stasera ho sentito l’esigenza di mettere una foto di nonno Renzo, avevo voglia di rendere “pubblicamente” omaggio al mio amore per lui, però sugli scopi di questo tipo di comunicazione ecco, proprio faccio fatica a capire anche me stessa, figuriamoci comunicare agli altri.

    • Wow mail di 3 righe, ho il dono della sintesi e ce la farei, anzi sarebbe un esercizio da proporre!
      Vero, su Instagram ho scoperto, cito random, la bottega dove vendono i pasteis de nata originali dal Portogallo, un parrucchiere, che tra poco esce il nuovo libro di Fabio Genovesi e ci siamo scritti in privato giusto oggi e lui è stato super adorabile, e mille altre cose per cui in effetti no, non mollo instagram e la fotina del tuo nonno mi è proprio piaciuta per cui ben vengano anche queste esternazioni. Grazie per aver apprezzato il post, il confronto potrebbe durare a lungo, c’è tanto da dire.

  8. Le magnolie sono bellissime!
    Riguardo alla comunicazione, invece, penso sempre più spesso che la gente in generale sia troppo poco attenta a come si esprime (potrei raccontare anch’io un episodio sulla comunicazione ma sarebbe troppo lungo, chissà che non ci scriva un post) e poi non ascolta (ma neanche legge bene le mail) capita anche a me di ricevere delle mail chilometriche in cui bastava una risposta con sì o no, solo che alla fine non rispondono all’unica domanda che era stata fatta. È uno sconforto totale, per non parlare dei messaggi vocali che io detesto profondamente.
    Che bella la tua esperienza al bookpride allo stand Sur, ogni tanto una sorpresa positiva

    • Parto dal fondo, cara Giulia, sì, soprattutto nel campo editoriale dove di solito le sorprese sono in negativo, è stato un gran bel momento quello da Sur. Per il resto aspetto con piacere il tuo post se vorrai farlo, sono certa che la tua esperienza – che temo non sia un caso isolato – ci farà gridare al classico “mal comune…”

  9. Cara Sandra,
    eccomi finalmente a commentare questo bel post! Sono in super ritardo, ma volevo davvero buttar giù questo commento con la giusta calma.
    Sono d’accordissimo con quello che scrivi sulla comunicazione: ho iniziato a seguire il tuo blog nel 2015, quando mi stavo avvicinando alla scrittura (ma non ancora al mondo dell’editoria, in cui sono entrata da pochissimo). In quel periodo ho iniziato a seguire tanti blog diversi, ma ad oggi, nel 2023, posso dire che il tuo sia uno dei pochi che è davvero rimasto. Il motivo è presto detto: avevo necessità di qualcuno che parlasse della sua scrittura e di sé stesso in totale trasparenza. Man mano ho lasciato andare tutti quei blogger che volevano convincere i loro lettori che le cose sono sempre facili, che la vita non si immischia mai nei programmi. Non è sempre così ed è una narrazione falsa che va per la maggiore, sui blog ma anche sui social (soprattutto sui social). Questo modo di raccontare e di raccontarsi ha creato una serie di squilibri che pian piano stanno esplodendo: i social sono pieni di pagine che vogliono “normalizzare” la realtà dopo anni di influencer con vite patinate. Guarda caso, si sta cercando di tornare esattamente al tipo di comunicazione sana e schietta che su questo blog ho sempre trovato.
    Dopo un po’, seguirti si è spostato dal “che bello, vediamo che libro ha pubblicato Sandra” al “chissà se Sandra ha risolto il problema dei tubi!”. Perché quello che scrivi ti rispecchia del tutto, arrivi a chi ti legge con autenticità e quindi, nonostante fossi appunto capitata qui per tutt’altro motivo, ho finito per essere interessata alla persona oltre che alla scrittrice. Non è una cosa banale e forse molti non sono neanche interessati a farla, questa narrazione.
    E poi anche nei momenti peggiori ho trovato in te una energia straripante, che permea tutti i tuoi post, anche quelli apparentemente più banali.
    Insomma, tutta questa sviolinata per dire che sì, la comunicazione, quando e se fatta bene, può spostare gli equilibri del mondo!
    Ci vediamo al Salone ❤

    • Carissima Eleonora, sono profondamente colpita da questo tuo lungo commento che non è affatto una sviolinata ma un riconoscimento importante per quello che ho sempre cercato di trasmettere con questo blog anche nei momenti lagna e idraulici (o lagna per motivi idraulici). Dovrei segnarmi bene dov’è, ma sì lo so perché è al post del nostro incontro, per rileggermelo nei momenti in cui mi sento una schifezza.
      Molto interessante la tua analisi sul ritorno a una comunicazione più schietta dopo che nei social siamo tutti stramazzati dietro a terrificanti narrazioni di persone mai all’angolo e comunque sempre sulla pista di lancio dell’autocompiacimento.
      Non vedo l’ora di Torino!!!!
      Grazie grazie grazie!

  10. @Nika, spero mi leggerai. Nooo, è un enorme pasticcio, io non ho affatto pensato che tu ti riferissi a me (aiuto, un post sulla comunicazione in cui non ci si capisce) ma in generale. Ho voluto, forse non ci sono riuscita, sottolineare che a volte anche da parte mia, anche con la massima attenzione a una comunicazione efficace ed empatica, ci sono degli inciampi, soprattutto quando comunicazioni precedenti mi hanno sfinita.
    Grazie davvero per essere tornata. Happy luminosissimo aprile.

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