Amo Milano perché e nonostante

Milano ha un pessimo clima, un inquinamento preoccupante, è piuttosto costosa e il mare è troppo lontano eppure al di là della sua oggettiva bellezza: il suo patrimonio artistico credo non sia neppure discutibile, rimane un luogo dove vivo bene, benissimo. Certo al netto di un’enorme problema con la sanità che è regionale e non dipende da Milano (e comunque almeno a Milano ci sono strutture private con prezzi decenti).

No, non facciamo neanche il solito discorso qualunquista “bella sì, però non ci vivrei.” Non mi interessa, credo che ci sia un elemento imprescindibile: esserci nati. Se, e capita, quando sono in Valle sto per partire e all’aperitivo con gli amici dico “dobbiamo andare che noi si torna a Milano.” Qualcuno risponde: “non ti invidio, come fate e vivere a Milano ecc.?” e tenta di iniziare il pippone, io non colgo perché non è una gara, è questione di gusti e quelli, si sa, non si discutono e anche di abitudine alla tipica frenesia milanese.

E neppure voglio dilungarmi sulla diatriba del momento sul caro affitti. Purtroppo i prezzi li fa il mercato, se c’è richiesta salgono, non occorre essere dei geni della finanza per capirlo. Ingiusto? Non mi pare che il mondo sia un posto giusto. Io l’università manco l’ho fatta per puri motivi economici, i miei non hanno potuto affrontare la spesa di tasse e libri, altro che appartamentino fuori sede.

Fondamentalmente amo la mia città perché offre una proposta culturale e di svago talmente vasta e soprattutto a portata di mano (o di 15/20 minuti di metropolitana) da accontentare tutti e rendere ogni attimo di tempo libero (quando ci si svincola dal divano che pure ha la sua attrattiva) una festa.

Abbiamo l’abbonamento di prosa al teatro San Babila, in prima fila, ci credete se vi dico otto spettacoli al sabato sera, 80 euro? E per Natale ho regalato quattro concerti della domenica mattina al teatro Filodrammatici (accanto alla Scala), sono alle 11, durano circa un’ora a mezza e poi si fa l’aperitivo con i musicisti. Bellissimo! Biglietto 17 euro, abbonamento 10 concerti (che stiamo valutando di fare l’anno prossimo) 130 euro, prosecco e patatine incluse. Artisti di fama internazionale, programma vario (io ho scelto le musiche di Morricone per Tornatore, Mozart, la musica irlandese – oggi – e la musica americana a fine marzo). Al termine oggi abbiamo pranzato in una pizzeria sul tetto della Galleria Vittorio Emanuele, mi vedete nella foto scattata nei camminamenti esterni. La cupola che sovrasta il celebre toro dove tutti strusciano i piedi in cerca di fortuna era lì a pochi metri da me. Un’esperienza davvero unica! E questa pizzeria l’ho scoperta da pochissimo e ho fatto la sorpresa all’Orso che è rimasto strabiliato: Milano è piena di luoghi a me ancora sconosciuti!

Qualche settimana fa ho ricevuto, con mia grande gioia e sorpresa, l’invito privato riservato a blogger, giornalisti e librai dall’editore Marcos y Marcos per la presentazione dei libri che verranno pubblicati nei primi sei mesi del 2023. Un evento splendidamente organizzato, con un paio di autori e i vertici della casa editrice che hanno raccontato le storie che verranno, con video e letture. Un buffet squisito e originale ha concluso la serata. Sono uscita di lì con i miei interessantissimi gadget e la testa piena di questa collezione di narrativa tutta da scoprire ed ero nelle luci sfavillanti di Brera alle 22 passate e mi guardavo in giro in attesa del mio taxi. Una via dove non ero mai stata che era un gioiello, un valore aggiunto al mio entusiasmo. Ho attraversato una parte di Milano verso casa ancora incredula (Marcos y Marcos è l’editore di “Ho paura torero” e “La schiuma dei giorni” due romanzi ormai diventati classici contemporanei ma anche del mio adorato Jakob Arjouni di cui tanto vi ho parlato!) pensando che fosse stata un’opportunità di sicuro facilitata dall’abitare a Milano.

Sullo sfondo della foto lo slyline di Milano sempre in evoluzione, potete vedere il celebre e ormai non più nuovissimo Bosco verticale, mentre nuovi palazzi nascono di continuo.

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10 anni di I libri di Sandra

Esattamente dieci anni fa nasceva questo blog.Blue Modern Happy Birthday Instagram Post

Dieci anni sono tantissimi e, a livello personale, sono successe moltissime cose. La più brutta di sicuro è stata la morte di mio padre nel 2014, la più bella non lo so: tanti i momenti belli.

La mia vita è cambiata, uno spartiacque il passaggio al part time nel 2016. Abito nella stessa casa, ma ha subito una serie di modifiche importanti pure lei: via la vasca, ora c’è un grande box doccia, la cameretta è uno studio ma fatico a ricordare se il mobile in sala l’abbiamo cambiato prima o dopo il 2013, credo prima. I muri quelli hanno cambiato colore un sacco di volte.

I miei nipoti sono adolescenti, dieci anni alla loro età significano un oceano di trasformazioni. Una pandemia. Un matrimonio che riesce ancora a darmi molta gioia. Tantissimi viaggi, tantissimi libri.

In fondo questo blog si chiama I libri di Sandra, la scrittura si è evoluta parecchio, nel 2013 avevo pubblicato un solo libro, il mio esordio era avvenuto tre anni prima e stavo ancora cercando di piazzare il secondo, che però avevo già finito di scrivere. Adesso le mie pubblicazioni hanno superato la doppia cifra; sarebbe ora di aggiornare la barra lassù in alto, purtroppo alcuni titoli addirittura non esistono nemmeno più.

Si chiama i libri di Sandra ma parla di cose che spesso esulano allegramente, come le lasagne al pistacchi. So che piacciono i post su Milano, vi racconto i miei sbalzi di umore, e le frequenti rogne idrauliche.

E poi ci siete voi, un’onda di bellezza e spesso di costanza, alcuni erano già miei lettori del mio primo blog, ai quali va il mio grazie.

Grazie per tutte le volte che avete sopportato i miei post lagna sull’editoria, grazie doppio a chi da qui ha comprato i miei romanzi. Grazie a chi è uscito dallo schermo e ha scelto di trascorrere del tempo di carne e abbracci fuori, magari pure facendosi dei bei chilometri per incontrarmi. Grazie ai lettori silenti che comunque tornano e apprezzano. Grazie alle parole di confronto che diventano dialogo e voglia di comunicare un po’ di più.

E’ innegabile che un certo smalto si sia perso nel tempo, e, prova ne è la recente sospensione, a tratti anche il mio entusiasmo a riguardo, ma oggi faccio festa perché mi sembra un gran risultato lo stesso.

Il mio incontro con Jonathan Coe

Le cose con Jonathan Coe sono andate che all’inizio manco volevo sfogliare il programma on line di Bookcity: troppo casino, ma poi boh mi è capitato sotto gli occhi l’incontro domenicale, nel pomeriggio, al Castello e aveva l’aria di essere fattibile, oltre che molto ghiotto, considerato che Coe è il mio scrittore preferito tra i vivi.

L’iper connessione con la mia anima arriva da lontano, dal primo romanzo che ho letto, quella Banda dei brocchi che presi in biblioteca molti anni fa, una di quelle storie destinate a fissarsi nella testa, al punto di aver proposto all’Orso il viaggio di nozze in Danimarca per andare a Skagen, dove si svolge una delle scene clou del romanzo. L’intimo trasporto si era giusto rinnovato qualche giorno prima, in occasione dei preparativi per la psicoterapia EMDR quando ho dovuto creare il “luogo sicuro” cioè un posto reale o immaginario dove tornare con la mente nei momenti di ansia, e io avevo scelto una spiaggia non ben identificata, con diversi elementi che non sto a citare, mentre leggo un libro di Coe. Ancora non sapevo che Bournville sarebbe uscito di lì a poco. Caso vuole che il giorno della presentazione a Bookcity, si festeggiasse il compleanno di mia suocera la cui organizzazione andava per le lunghe, e qui ho avuto una grande prova di cosa l’inconscio possa fare: dopo aver scelto due ristoranti da sottoporre a marito e cognato, di getto ne tiro fuori un altro, così dal nulla, ops da lì si va a piedi al Castello in dieci minuti.

I tempi tecnici ci sono tutti e persino il sole, strano, di solito per Bookcity piove.

Terminato il pranzo mi dirigo quindi al Castello con un’ora e mezzo di anticipo, in coda trovo soltanto una persona, e ho la matematica certezza che riuscirò ad accedere all’evento. Dopo un’ora e i piedi congelati, siamo all’ombra, distribuiscono i numeri, e quando finalmente entriamo raggiungo la terza fila, ovvero la prima senza posti riservati alla stampa e all’editore; ma poi ci fanno avanzare in seconda. Tra noi fan chiacchieriamo e ci godiamo l’attesa che è vigilia bella. Coe finalmente appare, è un signorotto inglese che verrà intervistato da Sio, un fumettista agitatissimo poiché anche per lui Coe è il suo autore preferito. E tutto comincia. Coe parla di questo suo ultimo romanzo che è la saga di una famiglia inglese lungo sette eventi cardine per la storia del Regno Unito. Come spesso accade nelle sue storie troviamo questo intreccio magistrale tra pubblico e privato, e, in particolare lo sdegno per decisioni scellerate come la Brexit, e la gestione della pandemia, lo struggimento per la morte di Lady D. e una famiglia coi sui conflitti e le sue piccole rivoluzioni, intorno alla figura di Mary bambina, fino alla sua morte. E su tutto una fabbrica di cioccolato, polo lavorativo locale, per cui Coe ci rivela che adora i Ferrero Rocher e il pubblico insorge tentando di suggerire cioccolati migliori. Dio, come vorrei avere qualcosa in borsa da dargli.

Dopo un’ora ci si mette in coda per farsi autografare le copie, io ho già comprato la mia qualche giorno prima. Quando è il mio turno, gli dico in un impeto di felicità immensa cercando di riassumere decenni di emozioni, in un inglese comprensibile, quanto lo adoro, di aver scelto la Danimarca per la mia Honeymoon per andare a Skagen. E lui mi chiede se Skagen mi sia piaciuta. Io sto parlando con Jonathan Coe di Skagen. Sono in orbita.

Lascio il Castello che è già uno spettacolo di suo nelle luci della sera (dovrei andarci più spesso a quell’ora) ma in quel momento è ancora più magico e ho bisogno di decomprimere e allo stesso tempo desidero tenermi stretta l’euforia di quell’incontro così atteso.

Sono incredibilmente felice. Erano anni che volevo conoscerlo e ho sempre mancato agli incontri milanesi per un motivo o per l’altro. C’’è qualcosa di estremamente potente nella sua scrittura, che per me è stata formazione, capacità di darmi strumenti nuovi per capire il mondo, ma anche intrattenimento fluido.

Questo è uno dei motivi per cui amo vivere a Milano, offre opportunità senza eguali di coltivare le proprie passioni e circondarsi di bellezza.

Letture e felicità di gennaio

Torna a essere mensile l’elenco dei libri letti e si modifica un’altra volta poiché vuole contenere anche le felicità del mese. E’ successo che Barbara Webnauta mi abbia regalato un libriccino dove segnare gli eventi felici, ricevo sempre molti blocchetti per appunti, ma questo è diverso. Così, dal 1° gennaio ho iniziato a segnare i momenti wow, quelli che ti ricordano quanto la vita sia un dono magnifico nonostante tutto. Li scrivo di getto, a volte sono spunti che so che rileggendoli mi ricondurranno a quell’istante di purezza, l’essenza insomma. Dapprima avevo pensato di trascriverli qui, ma non hanno alcun intento letterario e la condivisione mi è parso che andasse oltre quella sfera intima che vorrei conservare. Il che parrebbe essere in netta contraddizione con il post precedente: ho parlato della psicoterapia e censuro magari il racconto di un pomeriggio coi nipoti, ma questo è ciò che mi viene dal profondo.

Le felicità di gennaio comunque sono state otto, il che mi pare molto buono come risultato. Avrebbero potuto essere nove, ieri ero lì lì per scrivere nel libretto il pomeriggio di shopping super efficace, nel budget che mi ero imposta, senza rompere il No Buy Year che durerà fino al 23 febbraio (perché l’avevo iniziato in quella data e non il primo dell’anno). Il cappottino vintage verde mela della mia taglia, cercavo proprio un cappottino vintage che sarebbe stato regalo di compleanno di mia mamma e avevo una cifra precisa da spendere, cioè io soldi che mi aveva dato), è stato proprio un felice colpo di fortuna e anche gli ultimi saldi Occitane al 50% ma poi la notizia tremenda della morte decisamente prematura di Raffaella Clementi, una mia vecchia blog amica, mi ha ovviamente capovolto la giornata.

E veniamo ai libri:

  1. Bournville Jonathan Coe voto 10
  2. Lezioni di chimica Bonnie Garmus voto 9

Sono solo due perché in realtà stavo leggendo Crossroads di Franzen quando la biblioteca mi ha avvisato dell’arrivo di Lezioni di chimica che avevo ordinato nel circuito bibliotecario milanese, dove ci sono sette copie, ma avevo una lista d’attesa di trenta persone. Avrei dovuto leggerlo in un mese, senza possibilità di prorogare il prestito e sono 400 pagine. Morale, ho sospeso Franzen, che è un bel mattonazzo.

Di Bournville parlerò più diffusamente quando vi racconterò dell’incontro con Coe, post in arrivo spero presto. Vi dico che si tratta di un romanzo davvero godibile, nella perfetta tradizione di Coe, dove tornano seppur accennati alcuni vecchi personaggi molto amati dei romanzi precedenti. Leggerlo soprattutto nella pace immensa del salotto del B&B di Cesenatico, dopo i giri fuori mattutini e il pranzo, ha saputo restituirmi vera bellezza e forza nelle storie, tanto che la lettura di Bournville è finita lei stessa nel librettino degli eventi felici.

Lezioni di chimica è anche un ottimo libro di narrativa generale, non arriva al 10 perché la parte centrale forse è un po’ trascinata. Ha avuto un grande successo e non può non essere amato. Il romanzo è fondamentalmente la protagonista Elizabeth Zot tra gli anni ’50 e ’60, un chimico in ostaggio di sessismo e arretratezza. E’ divertente, commovente, è sprone a credere in se stessi, è il compimento di processi chimici applicati all’amore e alla cucina. E’ indignazione per le ingiustizie, il libro ne è pieno e fa davvero male all’anima, eppure nella tragedia che permea le pagine non perde mai la sua leggerezza. Consigliatissimo.

Come gira su Instagram Gennaio dura 58 giorni o forse 47 o 110, in ogni caso è alla fine. Febbraio significa sempre mese corto, primi fiorellini nei prati e quel sentore di bella stagione che mi pare incredibile sia già dietro l’angolo. Gennaio per me è stato pienissimo, non sempre piacevole, ma sarei un’ingrata a lamentarmene.

Libreria e terapia

Ho riaperto il blog e desideravo, cioè ancora lo voglio, essere costante come un tempo ma sono finita in un gorgo di cose impreviste per cui le story veloci su Instagram offrono una sponda di comunicazione social molto più gestibile.

Ma il blog è il blog, come abbiamo detto più volte. Martedì sono venuti a ritirare i mobili vecchi, laddove “sono” significa il servizio comunale di ritiro immondizia che se li lasci in strada, previa prenotazione non da cafoni, è gratis, ma al piano si paga. Non pretendevo di guadagnarci vendendoli, ma ho sperato fino all’ultimo di non dover spendere e di riuscire a darli a qualche associazione ma niet, insomma pare che Milano pulluli di enti benefici che ritirano arredamento per le famiglie in difficoltà ma col piffero e le mie ricerche sono state vane (oltre che estenuanti). Comunque venerdì la mega libreria dei sogni sarà qua. Ho ricordato che tanti anni fa io e l’Orso ne avevamo vista una in centro e giammai avrei pensato che un giorno l’avrei avuta, con la scaletta e tutto quanto, invece sì. La libreria ormai è l’emblema del piano D, laddove il piano A erano i figli concepiti naturalmente, il piano B la procreazione assistita, il C l’adozione e appunto il D ok, niente figli, cerchiamo di goderci il dono immenso che è la vita.

Tuttavia le ferite, e questa lo è, del passato ci sono eccome, e io sono in mezzo al protocollo EMDR (ho scelto questo link perché quello del sito ufficiale è proprio bruttino) giunto in questi giorni alla prima reale desensibilizzazione e se fino a ora è stato un percorso totalizzante, a tratti bellissimo, sempre comunque duro, ora è diventato proprio complesso a livello tecnico. In estrema sintesi il terapeuta ricrea ciò che il sonno fa ogni notte, cioè rielabora le esperienze negative della giornata, sì, quando dormiamo ci alleggeriamo dei pesi e rigeneriamo sul serio non solo fisicamente.

Come ho accennato qua e là, ho scelto di rivolgermi a dei professionisti quando gli episodi di ansia erano diventati invalidanti. E dopo tanti mesi mi permetto di dire che c’è tanta gente in giro che avrebbe bisogno di un aiuto concreto per migliorare in primis la relazione con se stessa e di conseguenza con gli altri e con ciò che la circonda. Solo che rifiutano la psicoterapia e spesso rendono un inferno la vita di chi gli è accanto. Ecco, avevo alcune amiche così, le ho salutate. Forse la mia è la prima generazione per cui “andare in terapia” non costituisce una vergogna, quindi il disagio in persone più anziane non lo biasimo, davvero i tempi non erano maturi, ma cinquantenni e persone ancora più giovani che hanno lo stigma o pensano di cavarsela da sole a fronte di disturbi di umore evidenti o si limitano a imbottirsi di farmaci mi urtano profondamente.

Volevo non dover affrontare più quei momenti terribili di nausea agitata e tremore, ma nel complesso è cambiato tutto. La fortuna di aver incontrato i professionisti giusti per me si è unita al mio impegno che li ha realmente colpiti. Non sono lì per farmi complimenti e, in effetti è pure capitato che mi sgridassero, ma me ne hanno fatti parecchi.

Per svariati motivi, ero una fotografia ricoperta da un velo di polvere e ho ricevuto gli strumenti giusti e le istruzioni per usarli per pulire quell’immagine e farla finalmente brillare. Sono sempre io, eppure diversa. Ho già raggiunto risultati sorprendenti, avuto spiegazioni alle mie reazioni, e legittimazione al mio stare male. Ho pianto, relativizzato, perdonato, capito e persino sdoganato lo sticazzi.

Adesso siamo nel pieno del risolvere.

Intorno a me solo cose autentiche e belle, a parte gli obblighi lavorativi, e comunque anche lì certe dinamiche non mi coinvolgono più.

Inciamperò ancora perché è la vita, e ci saranno altri dolori però, come mi ha detto lo psichiatra: la prossima volta che mi infilerò in un buco nero non lo farò con tutto il corpo, ma solo fino alle ginocchia.

E le ore buie saranno un po’ più luminose con una libreria blu sullo sfondo e tanto spazio per i libri che sono la mia passione.

Libri letti nel 2022

Senza volerlo nel 2022 ho letto esattamente 50 libri. Sono tutti romanzi e in parte avevo già pubblicato gli elenchi trimestralmente prima della sospensione del blog. Trovo sia notevole che ben nove abbiano meritato 10 e altri nove, 9 o 9 1/2. I voti più scarsi sono tutti riconducibili ad acquisti fatti alle fiere o eventi, indotti da cose tipo “autore che pubblica col mio stesso editore” oppure “questo editore mi è simpatico, devo comprare qualcosa di suo” e similari, tranne Agatha Raisin che puntavo da un po’, invece delusione. Ho concluso le due serie scozzesi di Alexander McCall Smith sempre con grande piacere e ritrovato vecchie gialliste di classe (n. 11 39 e 48). Ne avevo già parlato nella lista del trimestre di competenza, ma torno volentieri a suggerire Trascuranze di Clara Nubile, mentre aggiungo di sicuro un thriller pazzesco che ho letto in due giorni, praticamente ovunque: nell’attesa dopo la quarta dose di vaccino, sull’autobus, al parco con le amiche anatre nel laghetto di fronte, sul divano nel silenzio assoluto di casa mia; si tratta “La mantide” la cui genesi è struggente: è stato infatti scritto da Gianluca Ferraris finché ha potuto, prima che la malattia gli facesse passare il testimone a Franco Vanni. E’ davvero per una singolare casualità che ho assistito alla sua presentazione (serata splendida) preceduta pochi giorni prima nella stessa libreria a quella de ” La mentalità della sardina” di Olivia Crosio, romanzo di tutt’altro genere, ma altrettanto godibile: una strepitosa sessantenne stanca della sua vita che sembra essere ridotta a una spompa routine di un matrimonio al capolinea, parte per camminare sulla via Francigena, dove, ovviamente, accadranno un sacco di cose che la rimetteranno sul serio in moto. Adorabile.

Direi che lascio lo spazio ai commenti se avete magari letto qualcuno dei miei 50 o se avete domande.

  1. Anime contro  Alessio   Del Debbio voto 5
  2. Ti verrò a trovare in sogno  Roberta Spadotto voto 5
  3. La felicità del lupo  Paolo Cognetti  voto 7
  4. Il mondo secondo Bertie  Alexander McCall Smith voto 9
  5. Lo stato dell’Unione  Nick Hornby voto 7 ½
  6. Le affascinanti manie degli altri  Alexander McCall Smith voto 10
  7. Giallo al cimitero maggiore  Paola Varalli voto 10
  8. Fedeltà e tradimento  Chaim Grade voto 7 ½
  9. Non so  Lorenzo Licalzi voto 7
  10. Pratiche applicazioni di un dilemma filosofico  Alexander McCall Smith voto 10
  11. Il sepolto vivo  Patricia Highsmith voto 9
  12. Zagno  Alessio Gallerani voto 3
  13. Amori perduti di gioventù  Alexander McCall Smith voto 10
  14. Amori in viaggio  Alexander McCall Smith voto 9
  15. Trascuranze  Clara Nubile voto 9
  16. Agatha Raisin L’albero delle streghe  M.C. Beaton voto 5
  17. Di morte e d’amore  Stefania Crepaldi voto 6
  18. A volte ritorno  John Niven voto 8
  19. Alla fine lui muore  Alberto Caviglia voto 10
  20. Non si muore in un giorno di festa  Andrea Balzani voto 8
  21. I tigli di Silverwood  Ilaria Mainardi voto 9
  22. Saponi  Elena Ghiretti voto 8
  23. Nel mare c’è la sete  Erika Mou voto 9
  24. Sempre più vicino  Raul Montanari voto 9
  25. Pic Nic sul ghiaccio  Andrej Kurkov voto 9 ½
  26. L’altra terra  Francesca Giuliani voto 7
  27. Sarò breve  Francesco Muzzopappa voto 8
  28. Lettera d’amore alla Scozia  Alexander McCall Smith voto 9
  29. Forse mio padre  Laura Forti voto 7
  30. Non è mai troppo tardi  Stefania Russo voto 7 ½
  31. La compagnia degli addii  Axl Cendres voto 10
  32. Benzina estetica sul mondo  Matteo Zanini voto 7
  33. Cose da fare a Francoforte quando sei morto  Matteo Codignola voto 7
  34. Una storia nera  Antonella Lattanzi voto 8
  35. Le cure della casa  Stefania Bertola voto 10
  36. Strane cose, domani  Raul Montanari voto 8
  37. Lo zio cadavere Ian MacPherson voto 8
  38. Le cose che ci fanno paura  Keren David voto 8 ½
  39. Una mente per uccidere  P.D. James voto 8
  40. Canaglia  Itamar Orlev voto 8
  41. 36 Numero perfetto   Giuliana Manzoni voto 8
  42. La mentalità della sardina  Olivia Crosio voto 10
  43. La mantide  Gianluca Ferraris voto 10
  44. Pop Life Luca De Gennaro voto 7 ½
  45. I segreti del piccolo negozio dei desideri  Nicola May voto 7 ½
  46. Le piccole libertà  Lorenza Gentile voto 7 ½
  47. Blu come le fragole  Alessia Todeschini voto 8
  48. La leggerezza del dovere  Ruth Rendell voto 8
  49. Carciofi alla giudia  Elisabetta Fiorito voto 8
  50. Quel che si vede da qui  Mariana Leki voto 8

A volte ritornano, col nuovo anno!

E’ successo che alla fine il periodo di decompressione è giunto a una naturale conclusione e l’unico proposito per il nuovo anno, come ho scritto su Instagram, è amare la vita e non insultarla mai.

E abbandonare il mio blog, che pofferbacco compirà 10 anni ai primi di febbraio e ha rischiato di non arrivarci, un piccolo insulto al lavoro fatto lo era.

Quindi adesso sono qui e ci sono per restarci.

Ringrazio di cuore chi mi ha spronata e contattata. Ma anche chi non l’ha fatto, magari per rispettare la mia scelta.

Dove eravamo rimasti?

A un autunno che non sembrava autunno, tanto che quando ha aperto Garabombo ero in giro senza calze.

Sono arrivata alle festività natalizie stravolta da una credo faringite pestifera, che mi ha colpita fregandomi gite e compleanno col picco febbroso proprio nel giorno in cui avevamo in casa gli imbianchini.

Avevo freddo dopo giorni di mal di gola atroce, pensavo fosse per le finestre aperte per asciugare le pareti e poi… poi quando aspettavo che il pavimento asciugasse avevo 38.4 e due ore dopo 38.8 sbang.

Prima era toccata all’Orso.

Ma poi con tanta o forse poca pazienza abbiamo rimesso insieme tutto e con immensa ricompensa divina abbiamo avuto un Natale e un Capodanno felicissimi, come non accadeva da tempo e non solo per il covid.

Prima dei tachipirina days (ma proprio un pelino prima che già quella sera a cena fuori con amici in Valle, Emanuele aveva la febbre ma ancora non si sapeva) avevo fatto una splendida presentazione del mio ultimo romanzo e praticamente smesso di scrivere.

Ho chiacchierato col mio scrittore preferito vivente cioè Jonathan Coe. Il cui ultimo romanzo vi consiglio assai. Ed è stato uno dei momenti più luminosi del 2022.

A proposito di storie desidero ancora pubblicare le mie tre opere in cerca di editore ma la speranza tende un po’ a spegnersi ogni giorno.

Piano piano invece si sta concretizzando lo studio con la libreria dei sogni, quella con la scaletta. Al momento è un delirio di cartoni ma la realizzazione del progetto è lì a una manciata di giorni ed è stato qualcosa di totalizzante. Ha toccato corde emotive a cui non avevo dato peso: buttare reperti di altre ere, soffermarsi sui regali ricevuti da mio padre e sui modellini Disney che avevamo collezionato per i nostri ipotetici figli. Non solo scegliere un mobilie e il colore della stanza. Le cose non sono quasi mai come si pensa, dovrei averlo imparato.

Mi sono circondata di relazioni sane e spesso allegre o se malinconiche mai lagnose. Perché i giorni tristi ci sono per tutti. E anche le arrabbiature, la frustrazione, la voglia di spaccare tutto per le ingiustizie del mondo, anche quelle minuscole, come aspettare il postino per cui hai pagato un servizio che invece no, non verrà mai.

I blog vivono una fase di stanchezza generale e forse ho deciso di tornare proprio per portare il mio contributo affinché non muoiano, per chi ancora mi vorrà leggere.

Avviso

Buongiorno a tutti.

A quanto pare la mia privacy policy (cookies e cose così) non è aggiornata/completa. Il blog viene quindi chiuso per evitare rogne.

Prima o poi ci metterò mano.

Vi chiedo di non commentare questo post. Grazie.

Tornare alla normalità dopo la vacanza a Cesenatico

La settimana a Cesenatico non è stata perfetta ma comunque molto bella. Ho capitalizzato diversi momenti, luoghi e sapori che mi porto nel cuore, a cui penserò nei lunghi mesi invernali che verranno. E’ stato particolarmente piacevole e anche emozionante tornare in Romagna dopo cinque anni; tra l’altro ho trovato il mare molto più pulito, così seppure tra rincari fastidiosi, qualche inciampo, il meteo non proprio favorevole, abbiamo concluso le ferie spezzate mettendo a segno un’ultima fetta chi mi fa promuovere con una gran pagella questa estate 2022. Cesenatico tra le mete balneari romagnole che conosco Cattolica, Rimini e Riccione è diventata la mia preferita, unica col suo Porto Canale di Leonardo. Rimini resterà sempre il mare della mia adolescenza, ho trascorso le vacanze delle estati dalla I media alla V superiore, ero lì quando l’Italia vinse i Mondiali del 1982, ed è tutto perfettamente sintetizzato nella canzone struggimento dell’epoca “Spiagge” di Renato Zero. Prima andavamo a Riccione, ma in una zona di alberghi e poco altro, lontana dalle luci di viale Ceccarini, che ho conosciuto in una breve vacanza esattamente vent’anni fa. E poi ho fatto pure una vacanza divertentissima a Cattolica, avevo 22 anni, con la twin, in albergo c’erano un sacco di giovani e formammo una comitiva che ricordo con gioia. Ci sono tornata nel 2011 con l’Orso, stesso albergo, decaduto, solo una settimana di vacanze in tutta l’estate che non ci rilassò per niente, un caldo atroce, orari striminziti per i pasti in albergo (da lì la decisione di soggiornare nei Bed and Breakfast), eravamo reduci dal percorso adottivo, volevamo restare a Milano in caso ci chiamasse il Tribunale, che ci convocò poi a dicembre, sforando tutte le tempistiche di legge. Che schifo. La Romagna in tutto questo continuo ad amarla parecchio. Sono contenta di aver scoperto in Cesenatico (ah sì, ero stata a Valverde nel 2010 con mia mamma) una splendida località per costruire qualcosa di “nostro” con l’Orso. E di averlo fatto sul finire della stagione, con meno caos, per quanto spero di poter tornare a fare due settimane di ferie attaccate a inizio luglio l’anno prossimo, come nostra consuetudine. Il nostro “bagnino”, i nostri locali preferiti, i nostri discorsi idioti commentando tutto, il baraccone del tiro a segno, i tantissimi chilometri di giorno e di sera che ci siamo fatti, ancora mano nella mano come due ragazzi. E il nostro B&B ovviamente.

Adesso è tutto finito. Settembre avanza a grandi falcate. Come si vede nei meme su Instagram “Lo farò a settembre” bussa alle nostre porte, è un mostro, un’onda pronta a travolgerci mentre il mondo va a rotoli. Che anni stiamo vivendo!

Sono preoccupata ma non particolarmente angosciata, e non credo sia superficialità. Abbiamo comprato casa facendo un mutuo a tasso variabile nel 2006, qualcuno ricorda cosa successe ai tassi in quel periodo? Schizzarono alle stelle, ogni mese un incubo, ma poi scesero, scesero tanto e la nostra scelta risultò vincente. Mi pare di aver sempre vissuto l’età adulta in crisi economica, la tranvata al posto di lavoro di Emanuele, di cui sta per ricorrere il primo inglorioso anniversario, mi ha insegnato che tutto è miseramente precario. Ma provengo da una solida famiglia di formiche, gran lavoratori di umile estrazione sociale, le mie radici sono importanti e voglio credere a ciò che ha detto di recente Draghi: l’Italia ce la farà. La prospettiva più tremenda, per me, non è abbassare i gradi del riscaldamento (per quanto anni e anni di condizionatori a palla e temperature da congelatore negli ufficio pubblici e negli ospedali adesso fanno un po’ rabbia) ma rivivere i mesi più bui della pandemia. Io il silenzio surreale e i camion con le bare di Bergamo non li ho dimenticati.

Quanta profezia nelle parola di Battiato:

“Com’è difficile restare calmi e indifferenti, mentre tutti intorno fanno rumore.

In quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore.”

Non sono indifferente ma cerco di stare calma. Ecco. E non ho voglia di parlare di politica qui, fermo restando che la bionda urlatrice come presidente spaventa anche me. Al momento mi impegno a coltivare il mio giardino e a non sprecare l’energia positiva di questi due mesi di bellezza negli occhi, relazioni speciali e stupore. A livello pratico ho pulito bene tutta la casa, domani finirò di stirare e ritirerò quanto portato in lavanderia, ho prenotato il dentista, la revisione dello scaldabagno, e chiesto al medico di prescrivermi i soliti esami per il controllo annuale. Ho fatto la spesa come al solito con il radar puntato sulle offerte, il mio scontrino al supermercato ha sempre molti segni negativi. Domani riprenderò anche la psicoterapia. Attendo il risultato di un importante concorso letterario, mentre le beta reader mi hanno restituito il testo con le loro attente osservazioni, per cui sto facendo gli interventi del caso e conto di finire entro la settimana, per poterlo inviare agli editori che ho già selezionato. Stiamo organizzando una presentazione del mio ultimo romanzo sul lago ed è qualcosa che mi fa davvero battere il cuore: è un posto magico, dove oltretutto è nato mio nonno, a sette km dalla casa in Valle e la libraia è molto disponibile e competente.

Le mie letture: estate 2022 (in parte)

  1. Pic Nic sul ghiaccio Andrej Kurkov voto 9 ½
  2. L’altra terra Francesca Giuliani voto 7
  3. Sarò breve Francesco Muzzopappa voto 8
  4. Lettera d’amore alla Scozia Alexander McCall Smith voto 9
  5. Forse mio padre Laura Forti voto 7
  6. Non è mai troppo tardi Stefania Russo voto 7 ½
  7. La compagnia degli addii Axl Cendres voto 10
  8. Benzina estetica sul mondo Matteo Zanini voto 7
  9. Cose da fare a Francoforte quando sei morto Matteo Codignola voto 7
  10. Una storia nera Antonella Lattanzi voto 8
  11. Le cure della casa Stefania Bertola voto 10
  12. Strane cose, domani Raul Montanari voto 8

Pubblico con largo anticipo rispetto alle intenzioni l’elenco dei libri estivi, il problema è che è già fin troppo corposo e considerata la prossima settimana al mare, in spiaggia di solito leggo parecchio, rischio un elenco ingestibile poi nel volerlo commentare.

Consigliatissimi di sicuro 1 7 e 11. “Pic Nic sul ghiaccio” non prende 10 solo perché mentre cercavo in rete info mi sono imbattuta nel seguito (un wow spompatosi subito: è fuori catalogo e ne esiste una copia in vendita a 120 euro) con tanto di recensione che spoilerava il finale di “Pic Nic sul ghiaccio” quando mi mancavano poche pagine. Mannaggia, e comunque conoscerlo in anticipo ha fatto il paio con – non ripeto lo spoiler ovviamente – l’enorme delusione per come sono andate le cose lì a Kiev, dove il protagonista, un giornalista in affanno, vive con un pinguino che si è portato a casa per la chiusura di uno zoo. Splendido affresco dell’Ucraina post URSS, è un romanzo delizioso e struggente che ho adorato a dir poco.

Consigliato da CBM ho divorato “La compagnia degli addii” in uno dei tanti pomeriggi roventi di questa estate. Erroneamente etichettato come libro per ragazzi, il protagonista è un adolescente ma è contornato da adulti accomunati da un’importante caratteristica: hanno tutti tentato il suicidio, mancandolo. Ed eccoli quindi riuniti in una clinica psichiatrica per riccastri. Umorismo ma anche sguardo lucido sui disagi giovanili, sul perché dovremmo continuare ad amare la vita. Ognuno ha la sua risposta (la mia così al volo, per i libri e gli aperitivi). Una comitiva sgangherata e dolcissima di esseri umani che hanno fallito l’obiettivo, un fallimento nel fallimento quindi, che forse, matematicamente, porterà a una svolta positiva. Non si può non fare il tifo.

Stefania Bertola è uno zuccherino che mi piace ritrovare di tanto in tanto, ma la sua linea narrativa è un po’ altalenante, mi ci sono imbattuta anni fa con lo splendido “Ne parliamo a cena” e in questo “Le cure della casa” c’è di nuovo la sua penna migliore, mi sono immedesimata in tanti passi di Lilli, che, perduto il lavoro, decide di fare la casalinga a tempo pieno e si caccia in una situazione surreale alla ricerca di una vecchia compagna di classe. Gradevolissimo davvero con i suoi spaccati anni ’80, le idee sul riordino e i detergenti, le relazioni con le migliori amiche, un marito molto dedito al lavoro, una figlia universitaria fuori sede. Me lo sono goduto in Valle, all’ombra, in sottofondo il glu glu della fontana. Paradiso.

Si infilano in questa lista alcuni autori emergenti/esordienti a cui ho voluto dare fiducia (2 5 6 e 8) e tutti si attestano tra il 7 e il  7 e 1/2. Non deludono mai Alexander Mc Call Smith e Raul Montanari, mentre un pelino delude l’ultimo Muzzopappa, definito il suo best sempre da CBM che l’ha presentato in un’altra sera torrida milanese in cui vincendo le correnti gravitazionali simil lame di fuoco unite allo stomaco ko (si era in quel giugno in cui sbarellavo), non l’ho trovato all’altezza dei precedenti (li ho letti tutti). Problema: non mi ha fatto tanto ridere, anzi, a tratti mi ha immalinconito proprio. Godibile eh, ma puntavo al 9 minimo.

“Una storia nera” ha avuto un grande successo quando uscì qualche anno fa e l’ho recuperato in biblioteca: a tratti respingente, scritto molto bene, sembra un film con Stefania Sandralli, Micaela Ramazzotti e Pierfrancesco Favino, tiene incollati alle pagine, ma lo fa in un modo disturbante. Non lo so. Un uomo cattivo scompare, un uomo della cronaca nera, che picchiava la moglie, un santo per la famiglia di origine, mai toccati i bambini, un pasticcio italiano, la menzogna, l’omertà, i margini di vite sfilacciate.

Come sempre se desiderate qualche parola in più anche sui romanzi di cui non ho parlato, fatevi avanti nei commenti. In ogni caso, il voto più basso è 7, dodici libri in due mesi, sono proprio soddisfatta.

Posto senza rileggere, che è pronta la cena. Perdonate le frasi contorte. Baci