Una donna dall’aria triste è venuta a casa assieme alla mia padroncina sta sera. Direi che gatta ci cova ma non è di mio gusto nominare i gatti. L’ho annusata un po’ trovandola gradevole, aveva un odore di sapone di Marsiglia, mughetti e lacrime. Juliette ha fatto le presentazioni a puntino e poi io le ho fatto capire scodinzolando di avere una certa urgenza a uscire e a quel punto lei ha chiesto a questa signora, che credo potrei definire sua amica, di portarmi fuori. Mi sono irrigidita. Che storia è questa? Uscire con una sconosciuta seppure ben profumata non mi va. Juliette mi ha detto di non fare storie che lei non ha il dono dell’ubiquità e per mettere su la cena doveva per forza stare in casa, poi ha ribadito con fermezza che se io intendevo anticipare l’uscita non per questo lei era costretta a ritardare il desinare, oltretutto con un’ospite e l’ha avuta vinta. Una volta fuori ho provveduto subito a fare i miei bisogni per lasciare intendere alla donna, che nel frattempo mi aveva accarezzato tra le orecchie sussurrandomi il suo nome, di poter rientrare anche subito ma lei si è allontanata dicendomi che avremmo fatto un giretto carino e mi avrebbe mostrato dove abita, che non era lontano. Ero piena di dubbi sebbene la fiducia in Juliette è totale e mai avrei pensato che potesse affidarmi a qualche malintenzionato, così ho trotterellato guardinga nella sera ormai buia cercando di rendermi ben visibile alla luce dei lampioni di Tregemeur, come a dirle “so badare a me stessa, non mi attirare in luoghi oscuri, tanto non ci verrò!” Tutto è andato bene, a un certo punto Sophie, così mi aveva detto di chiamarsi, mi ha indicato una villa sontuosa che in realtà avevo già visto più volte, soffermandomi con invidia su certe piante fronzute dove in estate si formano pozze di ombra quando in giro è tutto caldo e umido, e ho capito che quella era casa sua.
Poi siamo rientrati. Appena abbiamo varcato la soglia Sophie ha detto che ero stata bravissima, Juliette ha riempito la mia ciotola a forma di osso con quelle crocchette buonissime sentenziando che erano le ultime. Dal tono della sua voce ho inteso che non ne avrei mai più avute di quella marca costosa e che quindi probabilmente l’uomo che le aveva fatto sciogliere gli occhi e volteggiare con la gonna a pieghe se ne era andato. Poi le due donne si sono messe a tavola, Juliette ha scolato la pasta e mi ha detto che io l’avrei avuta l’indomani a pranzo, e io ho pensato che fosse occhei. Ma un po’ di rimpianto per quelle deliziosa crocchette mi è rimasto, mitigato dal fatto che lei non sembrasse affatto triste per la fine di quella recente amicizia, così, ancora una volta, ho pensato che gli umani sono contraddittori e bislacchi e che essere nata cane è un’immensa fortuna.
Ps. Immagine lassù presa da Vienifuoriconme.com chiaramente il cane è di una razza differente ma mi è piaciuta molto, in alternativa avevo pensato alle prime scene de La Carica dei 101 Disney, molto sfruttate ma sempre splendide secondo me!