Cosa posso ancora chiedere alla mia scrittura # 6 Far passare il proprio vissuto attraverso il filtro della narrazione

Quando ho cominciato a scrivere il romanzo di Natallia, ho deciso fin da subito che sì, sarebbe stata lei la Puffolona in tutto e per tutto, ma no, non saremmo stati noi, la famiglia che l’avrebbe accolta. Volevo estrapolarla dal contesto e la mia editor ha dato un ulteriore giro di vite dicendomi: un diario dell’accoglienza non funzionerebbe perché tu non sei la Parodi (senza specificare se la cuoca o la giornalista) e della tua esperienza non gliene frega niente a nessuno, devi portarla in scena e renderla narrativa. Eh? Ah! Occhei, mi ha dato diverse dritte sul conflitto, come sapete, e sui personaggi che andavano approfonditi. Tra questi c’era la sorella della protagonista femminile. Ora, pur avendo inventato una famiglia completamente diversa, avevo lasciato che lei avesse una gemella. Perché rinunciare a un elemento emotivo così affascinante? Solo che poi, dopo averla citata e raccontata brevemente, mi ero un po’ “dimenticata” della faccenda. E Chiara mi ha sgamata subito: “stai scantonando” mi ha detto, senza girarci intorno.

Certo, certo. Perché scavare nell’autobiografia è una scommessa davvero alta: ti costringe a farci i conti. I casi sono quindi due: eliminiamo la gemella, facciamo che Claudia, questo il nome della protagonista, è figlia unica e ci leviamo un bel po’ di rogne, ma così facendo diamo un bel taglio anche a parecchi momenti torcibudella, lacrime e sentimenti forti, oppure la teniamo e allora tocca lavorare sullo stress del confronto, sulle cose non dette, sui ricordi d’infanzia. Su cose vere che però le rendiamo un po’ teatrali, enfatizziamo la faccenda, la portiamo alle stelle, pur mantenendoci su un piano di perfetta credibilità.

Chiaramente ho scelto la seconda via.

Alla mia scrittura ho chiesto di essere salvagente per non annegare, chiave per chiudere vecchie porte e amore totale per chi in fondo è da sempre al mio fianco. Ma solo per finta. 😀

8 pensieri su “Cosa posso ancora chiedere alla mia scrittura # 6 Far passare il proprio vissuto attraverso il filtro della narrazione

    • Le regalo sempre i miei libri, ma a parte il primo Frollini, dove anche lì c’era una gemella (non ricordo se tu l’hai letto) e le era piaciuto, sai che degli altri due non mi ha mai detto nulla? Non so neppure se li abbia letti. E mi dispiace.

  1. Bella e difficile la strada che hai scelto. C’è il rischio di annegarci dentro, ma anche di far uscire una gran storia.
    Io sono ancora diffidente nei confronti del mio vissuto. Quando ne inserisco degli spezzoni (cosa che poi accade con più frequenza di quel che si direbbe) ci sono di mezzo talmente tanti filtri e maschere che non se ne accorge nessuno. Magari io so che quel personaggio in realtà è X. Poi X legge e mi chiede “ma come ti è venuto in mente un personaggio così?”. E io glisso, sorrido e passo oltre.

    • Sul come uscirà giusto domani ho appuntamento telefonico con Chiara B.M. che, parole sue, farà pelo e contropelo al testo, credo che alla fine sarà un buon lavoro, e ti dico che senza Chiara non avrei saputo dove mettere le mani, né come farlo, risultava tutto un po’ troppo in superficie. Sicuramente a volte l’annegamento appare imminente, e faccio appello a tutti gli strumenti che ho per mettere fuori la testa e nuotare ancora. Ecco, non potrebbe essere un’opera prima, qui l’allenamento precedente serve proprio. Bacio

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