Quando ricevo l’invito all’incontro con Raul Montanari sono nel delirio idraulico polveroso e lo vedo come un faro verso cui tendermi con gioia. Il giorno arriva e il mio prepararmi a intervistarlo si limita a leggiucchiare in rete qualcosa sul suo romanzo, di cui ovviamente parleremo, e ad andare dal parrucchiere. Tanto per completare il quadro nella mia settimana caotica in cui cerco di riallinearmi con il quotidiano a casa e in ufficio, Milano è nell’euforia del Salone del Mobile, avvolta da un’estate in anticipo, niente primavera, ci buttiamo direttamente oltre i 25° e la gente gira in pantaloncini.
Sbaglio fermata del metro, nonostante sappia benissimo dove si trovi lo Spazio Vigoni dell’Agenzia Beretta Mazzotta, visto che ci sono andata diverse volte, vi approdo trafelata, l’autore sta raccontando La vita finora Edito Baldini + Castoldi, la storia di un giovane professore che si trova a insegnare in una piccola valle montana. L’incontro con i ragazzi è uno scontro: dovrà vedersela con una violenza difficile da catalogare – nessuna paura per le conseguenze e un modo brutale di abitare la rete – ma anche con gli adulti, il tema del bullismo è centrale, e io mi metto lì sulla sedia: occhiali, quaderno per gli appunti e orecchie super attivate.
Quasi subito mi rendo conto di non poter star dietro al grande potere comunicativo di Raul Montanari, scrivo qualcosa e cerco di memorizzare il resto e quando si apre il momento delle domande, azzardo la questione che mi agita la testa, da contestatrice del sistema editoriale quale sono, cioè se con questo romanzo si senta in un filone Montagna, in una sorta di moda assieme a Cognetti e Montanari, che potrebbe mandarmi a quel paese in un battito di ciglia, risponde pacato che se esiste una moda allora l’ha fatta nascere lui, negli anni 90 con le sue prime storie.
Ma se la valle del romanzo amplifica l’elemento “insegnante forestiero” in realtà il bullismo è purtroppo trasversale e la città non ne è esente. Ora non voglio raccontarvi il libro, innanzitutto perché non l’ho ancora letto, anzi, facciamo così:
qualcuno è interessato a una lettura collettiva come abbiamo fatto per Cognetti e Ciabatti? Rispondete nei commenti che ci si organizza.
e poi perché non è questo il vero senso dell’incontro, no, neppure bere una certa quantità di prosecco dopo, chiacchierando con tutti e sentandomi molto libera e finalmente in possesso della mia natura più interessante e autentica (sono in mezzo alle storie, con CBM di cui è chiaro sono un po’ innamorata, dopo essere stata travolta negli ultimi mesi da cose di cui avrei fatto volentieri a meno!), il senso è ciò che mi ha lasciato: una serie di spunti su cui ragionare. E infatti ci penso un sacco, ci penso mentre rincaso in una luce bellissima, passeggiando in centro e poi in metropolitana, ci ripenso sul divano quando mando whatsApp vocali entusiasti agli amici, mentre ricordo a me stessa che devo fare delle cose come svuotare la lavastoviglie, rendermi conto che domani (cioè oggi) toccherà sedersi di nuovo all’altra scrivania, quella delle rogne fiscali. E come prima cosa vorrei abbracciare Nanni, che l’ultima volta quando sono andata a prenderlo a scuola lui era malmostoso e io, con il mio nervosismo dei giorni storti, non ho saputo sfoderare nessuna arma per dare il via a una comunicazione affettuosa e ora me lo immagino vittima di qualche Rudy-bullo, il mio Nanni magrolino e fragile e allora – mentre ritengo che Emanuele sia al circolo fotografico invece si spara un’altra giornata doppia al lavoro (non torno per cena, vado direttamente al circolo, mangio in mensa, oh fantastico, io ho l’aperitivo da Chiara così non dovrò cucinare! Rincasando dopo le 23) m’invento di mandare una mail a Raul Montanari per ringraziarlo e stamane alzandomi ho trovato nel cell già una mail di risposta. E tocco le stelle dell’umanità che è grande quando è umile e della cultura che è più bella se priva di spocchia.
E torniamo agli spunti, li deposito qui, per tutti, per le mie tre lettrici insegnanti (Tenar, Barbara Liguria e Speranzah) ma potrebbero essercene altre, per i genitori di ragazzini in crescita, per chi semplicemente non si arrende a questo mondo dove tutti parlano di perdita di valori e non si sa bene come recuperarli, ma vuole fare qualcosa. Eccoli:
Dobbiamo veicolare il messaggio che leggere è figo, perché lo è: fornisce un’arma in più per conoscere l’animo di chi ci è accanto, perché nei libri c’è una verità umana imperdibile e il narratore ha il grande privilegio di intercettarne le sfumature.
Per la prima volta il confronto generazionale si pone su un piano in cui i figli sanno più cose dei genitori, non era mai successo. E questa materia che padroneggiano è la tecnologia, i social, di cui gli adulti non possono disinteressarsi. E’ finita quindi l’epoca in cui il sapere genitoriale veniva trasmesso ai figli: questo è altamente destabilizzante.
Abbiamo affermato più volte che la realtà virtuale non era reale, e ora ci rendiamo conto che ahimè lo è, gli amici su Face Book non sono veri amici, dicevamo, ma ciò che viene messo in rete procura conseguenze assolutamente reali. Il video shock che rovina una ragazzina è virtuale, sì, certo perché gira per la rete ma è realissimo nel danno che fa alla malcapitata.
Non vorrei, e concludo, commenti botta e risposta tra me e voi, ma un confronto circolare, perché sono temi che mi stanno a cuore, poi ne riparleremo con la voce forte di un romanzo che ha davvero qualcosa di concreto da proporci, per avvicinarci alla realtà del fallimento dell’umanesimo, della scelta del male come stile di vita. Argomenti roventi quali lo svilimento della professione dell’insegnante, l’educazione che possiamo dare ai nostri ragazzi per farli crescere “sani” ma con un’attrezzatura sufficiente per affrontare i pericoli. Torneremo a parlare di emarginazione, di adolescenti, di quel senso di appartenenza così importante quando smetti di essere bambino, quando cominci a capire di essere unico e l’unicità, si sa, è un casino, perché può isolare “sono diverso dagli altri” e avvicinare a chi magari non ti valorizza ma sembra accettarti e non ti fa sentire uno sfigato e da lì sei in trappola. L’idea che io fossi una ragazzina sfigatissima mi ha accompagnato troppo a lungo per non volermi fare carico ora di questi contenuti, e se ne sono uscita indenne, voglio dire senza non so disturbi alimentari, eccessive paranoie, disagi invalidanti è anche grazia alla narrativa. Per cui grazie ad autori come Raul Montanari che squarciano il velo in un tempo in cui tutto è amplificato dai social. Quando io ero adolescente al massimo qualcuno ti portava via il diario in classe e urlava in giro “Sandra ama XXX!” frugando nelle pagine, che già ti metteva all’angolo ma insomma non era proprio come un video in rete.
Non so se sono riuscita a mettere insieme il post che volevo, nelle mie intenzioni c’era il desiderio di portare almeno un po’ Raul Montanari qui con noi, ma se leggerete La vita finora di sicuro qualcosa in più vi rimarrà della sua aurea, io mi sento già un po’ meno allo sbando nel gestire i nipoti che ormai bussano alle porte della pubertà, grazie all’incontro di ieri sera.